Temi degli Stati Generali

Programma nazionale di donazione degli organi e donazione a cuore fermo (DCD)
Francesco Procaccio
Centro Nazionale Trapianti, Roma
dcd@iss.it

Gli Stati Generali delle Rete Trapiantologica sono stati la risposta ad una forte esigenza di incontro con gli interlocutori per definire gli indirizzi programmatici per i prossimi anni. Prima tra tutte gli Stati Generali hanno delineato la necessità di attuare un Programma nazionale sulla donazione che nasce dalla capacità dimostrata in alcune regioni italiane di raggiungere ottimi livelli di procurement. La prospettiva è quella di creare dei criteri di qualità che siano identificabili nelle migliori pratiche già esistenti nel nostro Paese e che siano trasferibili in tutte le regioni italiane solo creando un sistema basato su degli standard minimi che siano applicabili su tutto il territorio nazionale potremo puntare a degli obiettivi ambiziosi come quello di raggiungere, in un paio di anni, almeno 20 donatori per milione di abitanti in tutte le regioni del nostro Paese.
L’inserimento della donazione di organi nel sistema di garanzia nazionale che controlla e misura l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza costituisce un importante principio e allo stesso tempo un passo importante per il percorso di miglioramento della qualità e dell’efficienza.
Sempre per rispondere all’esigenza di aumentare il numero di donatori è strategico puntare sul Programma nazionale di donazione a cuore fermo.
L’accertamento di morte con criteri cardiaci prevede l’osservazione di un’assenza completa di battito cardiaco e di circolo per almeno il tempo necessario perché si abbia con certezza la necrosi encefalica tale da determinare la perdita irreversibile di tutte le funzioni encefaliche: in Italia questo periodo deve essere di 20 minuti, negli altri Paesi è ridotto in una forbice tra i 5 e i 10 minuti.
La risposta italiana rispetto alla donazione a cuore fermo è stata peculiare: senza variare il periodo di osservazione, il più alto in Europa, si è riusciti a garantire una buona qualità degli organi prelevati grazie ad un’accurata presa in carico della cura del fine vita nei pronto soccorso e nelle rianimazioni. I protocolli messi in atto prevedono la diminuzione del danno ischemico con l’utilizzo di assistenza cardiocircolatoria extracorporea (ECMO) immediatamente dopo l’accertamento di morte e successivamente con l’utilizzo delle tecniche di riperfusione degli organi ex vivo. È questa, infatti, una metodica ormai entrata nella pratica clinica: l’organo una volta prelevato viene riperfuso. Il periodo di riperfusione rappresenta anche un momento di valutazione funzionale.
Dal 2007, anno in cui è iniziato il programma pilota ALBA presso l’IRCCS San Matteo di Pavia, sono stati prelevati e trapiantati da donatore a cuore fermo più di 30 reni, il primo polmone nel 2014, e nel 2015 anche il fegato per ben quattro volte.
Questo approccio rende estremamente aperta la possibilità di incrementare il numero di organi utilizzabili e diminuire il rischio di fallimento del trapianto o di complicanze, ma rende anche urgente una raccolta dati in registri nazionali e la programmazione di trial clinici che permettano la valutazione degli esiti e l’auditing continuo dei risultati. Per questo è essenziale che la Rete Nazionale agisca in modo coordinato e sinergico nello sviluppo di un Programma nazionale di donazione a cuore fermo.
Al fine di chiarire i presupposti per lo sviluppo della donazione a cuore fermo (Donation after Cardiac Death – DCD) in Italia il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ha prodotto un “Position paper del CNT sulla donazione di organi in asistolia” e un documento operativo, oltre a linee guida per l’accertamento di morte in corso di ECLS/ECMO (in soggetti sottoposti ad assistenza cardiocircolatoria extracorporea), invitando i grandi ospedali a definire protocolli di donazione a cuore fermo, in particolare dove esista un consolidato percorso di trattamento delle gravissime insufficienze cardiocircolatorie. Recentemente è stata effettuata la prima donazione a cuore fermo in un soggetto trattato con ECLS/ECMO per arresto cardiaco refrattario.
Il CNT ritiene importante che si possa offrire un’adeguata formazione degli operatori finalizzata alla conoscenza del processo di donazione DCD e alla consapevolezza che la proposta di donazione in morte encefalica e a cuore fermo sono entrambe possibili ed appropriate, sia dal punto di vista etico che dei risultati clinici. È posizione condivisa che l’accertamento di morte con criteri cardiaci non debba mai sostituirsi a quello con criteri neurologici, quando l’accertamento in morte encefalica sia clinicamente effettuabile.
Le Società scientifiche hanno a loro volta prodotto un documento di indirizzo che chiarisce aspetti etici, clinici e tecnici, validando il percorso di donazione a cuore fermo nei soggetti con arresto circolatorio intrattabile avvenuto all’esterno e all’interno dell’ospedale e chiedendo un dibattito aperto per la presa in carico delle situazioni, peraltro molto frequenti, di cura del fine vita in rianimazione. È evidente, sulla base del consenso internazionale, la necessità di ridurre i minuti di assenza di attività cardiaca necessari in Italia per l’accertamento di morte, come inutile prolungamento del danno ischemico agli organi potenzialmente trapiantabili.
Il numero di cittadini favorevoli alla donazione di organi continua a crescere nel nostro Paese per cui i sistemi sanitari di ciascuna regione sono chiamati ad offrire risorse adeguate per rendere possibile la donazione di organi in tutti gli ospedali italiani e, in particolare, quella a cuore fermo negli ospedali particolarmente eccellenti nel trattamento dei pazienti con gravissime patologie cardiocircolatorie acute. Sicuramente la donazione di organi a cuore fermo è nelle possibilità del nostro Paese e dei medici e infermieri italiani.
Nel prossimo futuro, come hanno già dimostrato due importanti programmi europei – ACCORD ed ODEQUS – a cui il CNT ha partecipato, il processo di donazione e trapianto deve essere un obiettivo dell’intero ospedale che inizia al momento del primo soccorso e si conclude nelle rianimazioni. L’identificazione e il trattamento del potenziale donatore devono essere obiettivi condivisi e supportati dalla direzione dell’ospedale e dal sistema sanitario regionale, codificato all’interno dei percorsi di cura e delle linee guida di trattamento dei gravissimi cerebrolesi e dei soggetti con arresto cardiaco e shock cardiocircolatorio.
A ciò deve corrispondere un programma di formazione appropriato e rivolto a tutto il personale dell’area critica, finalizzato in particolare a migliorare la qualità del trattamento del potenziale donatore rispetto alle nuove tecniche di preservazione in vivo e di perfusione ex vivo degli organi. Punto critico essenziale è la necessità per il nostro Paese di un dibattito aperto sul fine vita in rianimazione, presupposto fondamentale di buona qualità delle cure e la cui naturale conseguenza, etica e clinica, è rappresentata dalla donazione di organi.




Il trapianto di rene da donatore vivente
Vito Sparacino
Centro Nazionale Trapianti, Roma
vito.sparacino@iss.it

Il trapianto da vivente è la migliore opzione terapeutica dell’uremia terminale. Il report 2015 dell’USRDS conferma che, per qualsiasi serie annuale degli ultimi cinque anni, la sopravvivenza del paziente e dell’organo è costantemente migliore per i pazienti che hanno ricevuto un rene da donatore vivente rispetto al donatore deceduto.
In Italia il ricorso al trapianto da vivente, nonostante gli incrementi degli ultimi tre anni, nei quali si è passati da 192 a 268 trapianti per anno, rappresenta ancora una frazione piuttosto esigua (circa il 10%) rispetto ai trapianti da donatore deceduto.
Il Centro Nazionale Trapianti intende promuovere questo tipo di trapianti sostenendo forme alternative di reperimento dei donatori come il trapianto in modalità cross-over e la donazione samaritana.



Nel corso del 2105, infatti, sono stati definiti protocolli operativi per il trapianto in modalità cross over e, a seguito di una donazione samaritana, è stato possibile, con il meccanismo della donazione “a catena”, eseguire sei trapianti di rene in altrettanti riceventi.
Gli Stati Generali della Rete Trapiantologica tenutisi a Roma l’11 e 12 novembre hanno dedicato una sessione tematica al trapianto da vivente durante la quale sono stati esaminati vari aspetti del problema ed è emerso che a fronte di un notevole impegno per la valutazione delle coppie che si propongono per il trapianto da vivente, circa il 50% di esse non approda al trapianto per incompatibilità tra donatore e ricevente.
Dalla discussione del panel di esperti (Biancone da Torino, Gesualdo da Bari, Boggi da Pisa, Rigotti da Padova) sono emersi alcuni spunti programmatici utili a promuovere l’incremento di questa attività.
In sintesi, si è convenuto che sarebbe utile concentrare l’attività di trapianto in centri con un volume adeguato (>20 trapianti per anno), che siano opportunamente dotati di risorse strutturali, strumentali e umane adeguate; che è indispensabile promuovere una campagna sui media a favore della donazione da vivente e che occorre prevedere una corsia preferenziale per l’esecuzione delle indagini preliminari per la valutazione di idoneità dei potenziali donatori.




Le infezioni da batteri multiresistenti: quale rischio e quale prevenzione
Paolo Antonio Grossi
Malattie Infettive, Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria;
Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedale di Circolo – Fondazione Macchi
paolo.grossi@uninsubria.it

Le complicanze infettive rappresentano le più frequenti complicanze e la prima causa di riospedalizzazione dopo qualunque tipo di trapianto. L’elevata frequenza di complicanze infettive è essenzialmente riconducibile all’alterazione della reattività immunologica, conseguente alla necessità di assumere una terapia immunosoppressiva che si protrae per l’intera vita del paziente, e all’esposizione epidemiologica. Il paziente trapiantato può quindi sviluppare:
a. infezioni trasmesse dal donatore;
b. progressione di infezioni croniche preesistenti (HIV, HBV, HCV, ecc.);
c. riattivazione di infezioni latenti quali infezioni virali pregresse (CMV, EBV, ecc.), tubercolosi o altre patologie quali la malattia di Chagas nei pazienti latino-americani;
d. il paziente può presentare colonizzazioni acquisite nella fase pre-trapianto, che possono rendersi responsabili di episodi infettivi nel post-trapianto;
e. infezioni nosocomiali;
f. infezioni comunitarie con maggiore frequenza rispetto al soggetto immunocompetente in virtù della condizione di immunodepressione.

Lo sviluppo di infezioni sostenute da batteri resistenti a numerose classi di antibiotici, definiti multidrug-resistant (MDR), nei reparti ospedalieri, e in particolare in quelli di terapia intensiva, rappresenta un problema emergente nel mondo occidentale. Epidemie nosocomiali sostenute da Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter baumannii, Klebsiella pneumoniae o altri enterobatteri con profili di multi antibiotico o pan-resistenza, vengono infatti sempre più frequentemente riportate. La diffusione degli enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE) è un fenomeno emergente di portata storica che riduce significativamente gli elementi di certezza circa la possibilità di curare le infezioni batteriche. Questa tipologia di resistenza agli antibiotici è pericolosa non solo per la capacità di diffusione che ha già mostrato in Klebsiella pneumoniae, la specie batterica finora maggiormente colpita, ma soprattutto per la sua potenzialità di interessare altri microrganismi, come Escherichia coli, che hanno un ruolo centrale in patologia umana.
Si definiscono multiresistenti i batteri che presentano mancanza di sensibilità ad uno o più antibiotici in tre o più classi di antibiotici attivi nei confronti dei batteri stessi1. L’emergenza di batteri multiresistenti nei pazienti trapiantati sta rapidamente diventando uno dei principali problemi in molti centri in tutto il mondo. I pazienti trapiantati sono infatti ad aumentato rischio di sviluppare infezioni da MDR, per la terapia immunosoppressiva e per le ospedalizzazioni prolungate e i numerosi contatti con le strutture sanitarie. In aggiunta la pressione selettiva esercitata dai frequenti e prolungati cicli di terapia antibiotica, cui sono spesso sottoposti come candidati al trapianto e nelle fasi peri- e post-trapianto, favoriscono la selezione di patogeni antibiotico-resistenti 2-4. In virtù di tali considerazioni, l’inserimento in lista di pazienti colonizzati da batteri MDR e l’utilizzo di organi da donatori colonizzati o infetti da patogeni MDR rimane controversa. Recentemente sono stati descritti casi di trasmissione con il trapianto d’organo di microrganismi multi- o pan-resistenti con gravi conseguenze per i riceventi5-8.
Per poter adeguatamente fronteggiare tale fenomeno il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ha promosso alcuni studi finalizzati innanzitutto a valutare l’entità del fenomeno nel nostro Paese e a sviluppare strategie finalizzate alla sua corretta gestione, nonché a sensibilizzare i diversi attori coinvolti nel processo di donazione e trapianto. In particolare è stato condotto un primo studio, denominato con l’acronimo DRin (Donor-Recipient Infection), che ha valutato l’epidemiologia della diffusione di batteri Gram-negativi al fine di esplorare i potenziali fattori di rischio e l’impatto dell’isolamento precoce di batteri Gram-negativi sulla mortalità dei riceventi nei primo 90 giorni post-trapianto. Nel corso dello studio, che ha arruolato tra il 15 maggio e il 30 settembre 2012, 887 pazienti trapiantati, sono stati isolati, ad una mediana di 26 giorni post-trapianto, 185 batteri Gram-negativi, per un’incidenza di 2,39 per 1000 giorni-ricevente. Quarantanove di questi isolati erano resistenti ai carbapenemici ed il 49% era rappresentato da Klebsiella spp. I riceventi con almeno una coltura positiva per Gram-negativi resistenti ai carbapenemici ha avuto un tasso di mortalità di 10,23 volte più elevato rispetto a coloro i quali non hanno avuto isolamenti9. Un secondo studio, appena concluso e in corso di analisi per la pubblicazione, finanziato dal CCM 2012, ha avuto i seguenti obiettivi principali:
1. quantificare e caratterizzare nei donatori di organi per trapianti di fegato o polmone:
a. la prevalenza di colonizzazione/infezione da microrganismi MDR
b. il profilo fenotipico degli isolati di CPE
c. il profilo genotipico degli isolati di CPE;
2. quantificare e caratterizzare nei pazienti trapiantati:
d. la prevalenza di colonizzazione pre-trapianto da microrganismi MDR
e. l’incidenza di infezione durante il follow-up post-trapianto, distinguendo le infezioni attribuibili alla donazione, da quelle attribuibili alla colonizzazione del ricevente pre-trapianto, da quelle attribuibili alla trasmissione durante la degenza post-trapianto e i casi dubbi
f. il profilo fenotipico degli isolati di CPE
g. il profilo genotipico degli isolati di CPE
h. l’identità dei ceppi di CPE (in particolare per confermare la trasmissione da donatore e dirimere eventuali casi dubbi).

Sulla base dei dati di letteratura e dei risultati degli studi promossi dal CNT sono state recentemente emanate (operative dal 1 ottobre 2015) le nuove linee guida per la valutazione di idoneità del donatore di organi solidi, che forniscono le seguenti raccomandazioni: “…l’accertata presenza di infezioni sistemiche (batteriemie) sostenute da microrganismi con resistenza a tutti i farmaci antimicrobici disponibili costituisce criterio di esclusione assoluta dalla donazione. Per infezioni localizzate (polmoniti, infezioni delle vie urinarie, ecc.), in assenza di batteriemia, l’esclusione si applica unicamente agli organi interessati dal processo infettivo. La semplice positività del tampone rettale per batteri multi antibiotico resistenti (Acinetobacter baumannii e Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemici) non rappresenta criterio di esclusione dalla donazione, fatta eccezione per la donazione di intestino. La documentata colonizzazione (positività del tempone rettale) impone comunque il massimo rispetto delle procedure di asepsi al fine di evitare la contaminazione degli organi prelevati. In tutti i potenziali donatori vanno effettuati gli accertamenti microbiologici su sangue, urine, tracheoaspirato o BAL, liquor o altri campioni biologici ritenuti significativi, i cui risultati, anche preliminari, dovranno essere trasmessi tempestivamente al Centro Regionale. In presenza di segni e sintomi clinici di infezione durante la degenza in TI, per determinare l’eventuale agente patogeno con relativo antibiogramma ed escludere la presenza di batteri multiresistenti è necessario disporre dei risultati degli accertamenti microbiologici al momento della donazione. Nel caso in cui non siano disponibili risultati di esami microbiologici al momento della donazione, in presenza di segni e sintomi clinici (in particolare febbre elevata) e di alterazione dei parametri di laboratorio (leucocitosi neutrofila, sedimento urinario con leucociti, nitriti, batteri, espettorato purulento, ecc.) suggestivi per la presenza di un processo infettivo in atto, il livello di rischio del donatore deve essere attentamente valutato acquisendo, se ritenuto necessario, il parere della Second Opinion infettivologica” .
In conclusione, date le limitate opzioni di trattamento delle infezioni da CPE, la consapevolezza del fenomeno da parte degli operatori e le misure di controllo, anche se difficili e costose da implementare, rappresentano lo strumento principale per contenere l’impatto sulla salute determinato da questi microrganismi. L’identificazione e l’isolamento tempestivo dei pazienti infetti o colonizzati, insieme all’igiene ambientale in ospedale, sono infatti misure efficaci per ridurre la diffusione in ambito ospedaliero dei microrganismi in generale e in particolare di quelli con ridotta o assente sensibilità agli antimicrobici attualmente disponibili. Le linee guida disponibili 10, quando correttamente applicate, consentono il raggiungimento di risultati in grado di garantire, in attesa della disponibilità di nuove molecole attive nei confronti di questi patogeni, la prosecuzione in sicurezza dell’attività di trapianto nel nostro Paese.

Bibliografia
1. Herati RS, Blumberg EA. Losing ground: multidrug-resistant bacteria in solid-organ transplantation. Curr Opin Infect Dis 2012; 25: 445-9.
2. van Duin D, van Delden C; AST Infectious Diseases Community of Practice. Multidrug-resistant gram-negative bacteria infections in solid organ transplantation. Am J Transplant 2013; 13 (Suppl 4): 31-41.
3. Johnson K, Boucher HW. Editorial commentary: imminent challenges: carbapenem-resistant enterobacteriaceae in transplant recipients and patients with hematologic malignancy. Clin Infect Dis 2014; 58: 1284-6.
4. Cervera C, van Delden C, Gavaldà J, Welte T, Akova M, Carratalà J; ESCMID Study Group for Infections in Compromised Hosts. Multidrug-resistant bacteria in solid organ transplant recipients. Clin Microbiol Infect 2014; 20 (Suppl 7): 49-73.
5. Ison MG, Grossi P; AST Infectious Diseases Community of Practice. Donor-derived infections in solid organ transplantation. Am J Transplant 2013; 13 (Suppl 4): 22-30.
6. Fishman JA, Grossi PA. Donor-derived infection-the challenge for transplant safety. Nat Rev Nephrol 2014; 10: 663-72.
7. Len O, Garzoni C, Lumbreras C, Molina I, Meije Y, Pahissa A, Grossi P; ESCMID Study Group of Infection in Compromised Hosts. Recommendations for screening of donor and recipient prior to solid organ transplantation and to minimize transmission of donor-derived infections. Clin Microbiol Infect 2014; 20 (Suppl 7): 10-8.
8. Mularoni A, Bertani A, Vizzini G, et al. Outcome of transplantation using organs from donors infected or colonized with carbapenem-resistant gram-negative bacteria. Am J Transplant 2015; 15: 2674-82.
9. Lanini S, Costa AN, Puro V, et al.; Donor-Recipient Infection (DRIn) Collaborative Study Group. Incidence of carbapenem-resistant gram negatives in Italian transplant recipients: a nationwide surveillance study. PLoS One 2015; 10: e0123706.
10. Circolare del Ministero della Salute del 26/02/2013 n. 4968. “Sorveglianza, e controllo delle infezioni da batteri produttori di carbapenemasi (CPE)” disponibile su: www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf;jsessionid=YC2msDkPGIE-SZGKH7DWig__.sgc3-prd-sal?anno=0&codLeg=45499&parte=1 &serie=




Il Centro Nazionale Trapianti Operativo
Lucia Rizzato
Centro Nazionale Trapianti, Roma
lucia.rizzato@iss.it

La Rete Nazionale Trapianti, disegnata 20 anni fa e progressivamente rinnovata in alcuni aspetti, ha subito un’importante trasformazione passando da un sistema a 4 livelli (nazionale, interregionale, regionale, locale) ad un sistema a 3 livelli (nazionale, regionale, locale/ospedaliero) che riporta anche in questo settore lo schema di coordinamento regionale-nazionale come avviene negli altri sistemi simili al nostro nel contesto europeo (Spagna e Francia).
Il Centro Nazionale Trapianti (CNT), la cui struttura e funzionamento sono regolati dall'art. 8 della Legge n. 91/99, come già accennato, aveva demandato parte delle proprie funzioni operative ai Centri Interregionali Trapianti. Tale scelta fu all’epoca condivisa da tutta la Rete per diversi fattori: il primo indubbiamente dovuto al rispetto della storia di ciascuna aggregazione interregionale che si era formata attraverso complessi accordi sottoscritti tra le singole regioni aggregate; il secondo dovuto al fatto che i centri interregionali avevano già un nucleo e una struttura operativa in grado di gestire programmi sovra regionali e, non ultimo, il fatto che al CNT non vi erano all’epoca le condizioni logistiche, strutturali, nonché il personale con il necessario know-how per attivare un nucleo operativo nazionale. Oggi, come detto in premessa, la Rete si è notevolmente modificata e gran parte delle condizioni ostative di allora è superata. Si sono create, quindi, le condizioni affinché il CNT prenda su di sé non solo le funzioni tecniche e di controllo che la stessa legge istitutiva gli assegna, ma anche le funzioni operative di tutti i programmi di trapianto a carattere nazionale e internazionale che negli anni sono stati attivati. L’indicazione al rinnovamento della struttura della Rete Trapiantologica fu ufficialmente formulata dal Ministro della Salute, con la Rete Trapiantologica e con le Associazioni, in sede di Conferenza Stampa in occasione della giornata della Donazione 2012. I passaggi verso la ridefinizione della Rete Trapiantologica Italiana sono stati poi formalizzati, nello stesso 2012, dalla Conferenza degli Assessori. In una Nota Prot. 195359 del 09 maggio 2013, inviata al CNT dal Coordinatore della Commissione Sanità, si ribadisce la volontà delle regioni all’istituzione di un Coordinamento Operativo. La nuova organizzazione della Rete Trapiantologica viene definitivamente sancita dal Decreto Ministeriale 28.09.2015 firmato dal Ministro della Salute, già approvato dalla Conferenza Stato-Regioni del 25.03.2015.
Ad oggi, dunque, il CNT operativo (CNTO) gestisce i seguenti programmi:
• il programma urgenze/emergenze
• anticipi Meld
• il programma pediatrico (tutti gli organi)
• il programma split-liver
• il programma iperimmuni (rene)
• il programma di trapianti intestino e multiviscerale
• programma restituzioni ed eccedenze
• IGE – Italian Gate of Europe.

È tuttavia evidente che da quando è attivo il CNTO, tutto ciò che verrà implementato in futuro e che avrà le caratteristiche di programma nazionale dovrà essere gestito dal CNTO stesso.
Il CNTO si è posto quindi come principale interlocutore operativo a livello nazionale, interfacciandosi direttamente con i CRT e garantendo H/24 il supporto necessario ai fini della gestione operativa dei programmi nazionali. La gestione centralizzata delle allocazioni, unitamente a quella delle liste di attesa per i programmi nazionali, presenta indubbiamente dei vantaggi:
– rende indubbiamente più fluido il percorso di allocazione attraverso la standardizzazione dei processi;
– fornisce un’interpretazione univoca delle regole che attualmente disciplinano tali programmi e quindi più efficace la loro applicazione;
– favorisce una capacità interlocutoria e un grado di autorevolezza nelle decisioni più immediate;
– c’è un controllo in tempo reale delle donazioni, dei flussi allocativi e dell’esito dei processi;
– si realizza un accumulo di casistica e reportistica che possono, nel tempo, aiutare la valutazione del processo decisionale.

La presenza di un governo centrale della rete di donazione e trapianti da parte del CNTO ha portato sicuramente ad un’ottimizzazione di alcuni processi e al miglior raggiungimento di alcuni risultati, quali:
1. le eccedenze (organi non utilizzati nella regione che li procura) offerte alla Rete negli ultimi 16 mesi dell’anno sono state in totale 918 (180 di fegato, 363 di rene, 161 di cuore, 214 di polmone); il 45% delle offerte totali è stato accettato da altri centri di trapianto e di questo 271 (65%) sono state trapiantate;
2. il CNTO ha compensato il 60% delle restituzioni dalla sede centrale, ossia ha evitato il trasporto di organi o di équipe e garantito una riduzione di costi significativa.

Non v’è dubbio, dunque, che se si guarda al riordino in un’ottica di razionalizzazione del sistema, non si può non prendere atto della necessità e dell’utilità che il riordino ha portato con sé.




Donazione e trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) e tessuti
Letizia Lombardini
Centro Nazionale Trapianti, Roma
letizia.lombardini@iss.it

I primi trapianti di cellule staminali ematopoietiche (CSE) risalgono ai primi anni ’60 ma è a partire dagli anni ’80 che si ha un sensibile incremento di questa tipologia di trapianti. Le fonti di CSE sono rappresentate dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal sangue cordonale.
Il trapianto allogenico, effettuato con CSE prelevate da un donatore sano, rappresenta l’unica possibilità terapeutica per il trattamento di numerose patologie ematologiche e non. Il requisito fondamentale per il trapianto è rappresentato dall’identificazione di un donatore, compatibile o parzialmente compatibile, in ambito familiare o nei registri di donatori volontari di CSE. La possibilità di identificare un donatore compatibile in ambito familiare è di circa il 30%. In tutti gli altri casi è necessario attivare la ricerca di un donatore nel Registro donatori, che in Italia ha sede presso l’Ospedale Galliera di Genova. Analogamente al mondo dei trapianti di organi solidi, dove esiste un centro di coordinamento nazionale operativo, il Registro nazionale Italiano Donatori di midollo osseo (IBMDR) svolge il ruolo di centro di riferimento per il coordinamento della ricerca di un donatore. Il Registro è stato costituito nel 1989 e riconosciuto come Registro nazionale Italiano dalla Legge 6 marzo 2001, n°52; in seguito l’Accordo Stato-Regioni del 5.10.2006 (provvedimento n. 2.637) lo ha riconosciuto come “sportello unico” per la ricerca di CSE da non familiare per finalità di trapianto.
Il Registro individua un potenziale donatore per i pazienti in attesa di trapianto allogenico di CSE che non trovano un donatore idoneo e compatibile all’interno della famiglia. Attualmente sono disponibili, nei registri di tutto il mondo, oltre 27.000.000 di donatori, comprese quasi 700.000 unità di sangue cordonale.
L’incremento dell’attività trapiantologica in Italia è legato non solo all’ampliamento delle indicazioni cliniche e alla maggiore disponibilità dei donatori, ma anche all’istituzione di un numero consistente di Programmi Trapianto, intesi come strutture funzionali comprendenti un’Unità Clinica, un’Unità di Raccolta di sangue midollare e di sangue periferico e di un’Unità di Processazione (o Laboratori di Processazione, nei quali vengono manipolate le CSE prima della loro infusione). Negli ultimi anni, si è assistito anche alla nascita dei così detti “Programmi metropolitani”, costituiti da strutture appartenenti generalmente ad aziende ospedaliere diverse, che formano una Rete Trapiantologica all’interno di una stessa area metropolitana. La strutturazione in rete metropolitana ha permesso di ottimizzare il processo di donazione e trapianti perché la condivisione della conoscenza, delle buone pratiche, il coordinamento unico, l’uniformità delle strategie terapeutiche ha di fatto aumentato i livelli di qualità e di sicurezza forniti ai pazienti.
Nel nostro Paese l’attività di trapianto allogenico di CSE ha avuto un continuo aumento fino a raggiungere negli ultimi cinque anni un plateau, intorno alle 1700 procedure annue, di cui circa un terzo da donatore non familiare. Tuttavia in questo ambito, si può notare una leggera flessione soprattutto legata ad un’importante riduzione dei trapianti effettuati con CSE da sangue cordonale.
La riduzione dei trapianti con cellule provenienti dal cordone è da ascriversi all’introduzione nel panorama dei trapianti di CSE del trapianto aploidentico, effettuato con cellule provenienti da donatori familiari parzialmente compatibili. Il numero di questo tipo di trapianti è in continua crescita e con risultati, al momento, più che soddisfacenti.
Per poter integrare al meglio le diverse opportunità terapeutiche oggi a disposizione e per massimizzare il numero di trapianti effettuabili, uno degli impegni da assumere nei prossimi anni è quello di migliorare qualitativamente e quantitativamente le caratteristiche dei dati raccolti, che permetteranno anche una corretta analisi degli esiti dei trapianti CSE.
In parallelo dovremo rivedere alcuni aspetti organizzativi-gestionali definendo attraverso la definizione dei requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture afferenti al programma di trapianto di CSE e la definizione dei percorsi ispettivi (DLgs. 191/2007, Art. 7. Ispezioni e misure di controllo). Saremo, infine, chiamati al recepimento delle DE 565/2015 e 566/2015.
Per quanto riguarda la donazione e il trapianto di Tessuti, campo in cui il nostro Paese si attesta tra i primi posti a livello europeo, l’obiettivo dei prossimi anni sarà quello di promuovere i modelli organizzativi che mostrino una maggiore efficienza, confrontando modelli già utilizzati quali quello che prevede équipe multiple di prelievo e quello che invece prevede l’équipe unica.
Inoltre da diversi mesi, il Centro Nazionale Trapianti, la rete dei tessuti e delle cellule sono al lavoro per rendere operativo il nuovo Codice unico di identificazione europea (SEC). Il SEC è una sequenza alfanumerica che identifica univocamente la donazione di tessuti e cellule, il prodotto e viceversa. Il SEC, introdotto da specifiche Direttive Europee, entrerà in vigore in tutti i Paesi membri dal 29 aprile 2017. L’Italia è sempre stata all’avanguardia per quanto riguarda i sistemi di vigilanza, tracciabilità e sicurezza delle procedure connesse alla donazione e al trapianto di tessuti e cellule. Il nostro Paese ha contribuito attivamente alla nascita del SEC, realizzando per la Commissione Europea il compendio degli Istituti dei Tessuti dei Paesi membri e dei prodotti relativi a tessuti e cellule.
Il Sistema Informativo Trapianti (SIT) è pronto ad armonizzare i codici nazionali attribuiti alle donazioni e ai trapianti di tessuti e cellule con il nuovo Codice unico europeo.




Stakeholder e nuove sinergie per sensibilizzare alla donazione
Daniela Storani
Centro Nazionale Trapianti, Roma
daniela.storani@iss.it

La comunicazione pubblica costituisce un supporto strategico per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e per la promozione della salute. Poterlo affermare, senza timore di essere smentiti, è una conquista abbastanza recente ma consolidata, che possiamo considerare pienamente valevole anche per il sistema dei trapianti.
Ciò si deve al fatto che l’impatto sempre maggiore dei mezzi di comunicazione di massa sul comportamento delle persone non ha risparmiato il campo della salute e dell’approccio alla cura; un settore dove, peraltro, l’accesso, tramite la rete internet, ad un campo enormemente ampio di informazioni, non sempre verificabili, fa sensibilmente oscillare l’approccio dei pazienti tra gli estremi che vanno dall’ approccio costantemente allarmistico a quello di una pretesa di autosufficienza nella diagnosi e nella cura.
Ne deriva che la costruzione di una relazione autentica tra istituzioni e cittadini, così come tra sistema sanitario e paziente, si basa sempre di più sul saper impostare e gestire una buona comunicazione, ossia saper trasmettere contenuti, esperienze, competenze che incidano efficacemente sull’empowerment del cittadino/paziente, conducendolo a divenire un soggetto proattivo nel discernere e assumere comportamenti e stili di vita che possono giovare alla sua salute, così come nell’ interagire in modo responsabile e consapevole con chi lo cura.
La Legge 1° aprile 1999, n. 91 “Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”, la cosiddetta “legge-quadro” di settore, ha posto in una posizione centrale la necessità di promuovere una corretta informazione, attraverso una collaborazione sinergica tra istituzioni.
L’articolo 2 di detta legge, infatti, recita: “Il Ministro della Sanità, d’intesa con i Ministri della Pubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, sentito il Centro nazionale per i trapianti, di cui all’articolo 8, in collaborazione con gli enti locali, le scuole, le associazioni di volontariato e quelle di interesse collettivo, le società scientifiche, le aziende unità sanitarie locali, i medici di medicina generale e le strutture sanitarie pubbliche e private, promuove, nel rispetto di una libera e consapevole scelta, iniziative di informazione dirette a diffondere tra i cittadini”.
Oltre a questo mandato istituzionale a cui rispondere, non v’è dubbio che l’attività di comunicazione risponda anche all’esigenza di far conoscere al paese quali siano i livelli di eccellenza raggiunti dalla Rete nazionale trapianti, le opportunità e le garanzie di cura. Non tutti, per esempio, sono consapevoli che il nostro Paese è tra i primi in Europa per donazioni e trapianto, l’unico in Europa che pubblica regolarmente i dati sulla qualità del sistema, che dispone di un Sistema Informativo Trapianti (SIT) dove sono registrate e conservate tutte le dichiarazioni di volontà dei cittadini che si sono registrati presso le ASL, i Comuni o l’Associazione Italiana Donatori di Organi (AIDO) ma anche e soprattutto tutti i dati delle persone in lista d’attesa e i follow-up di coloro che hanno ricevuto un trapianto.
Dunque la comunicazione verso i cittadini, oltre a promuovere la donazione, contribuisce a costruire la percezione della qualità del sistema trapianti e facilita la conoscenza dei percorsi di accesso alle prestazioni offerte. Al pari, l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa serve a rendere la diffusione delle informazioni omogenea e coerente con l’attività del sistema, a realizzare l’obiettivo di trasformare la donazione in un dato culturale di massa e non di nicchia. A tutto ciò, si aggiunga che la comunicazione è sempre bidirezionale: per un contenuto che viene trasmesso, un altro ritorna. Ciò consente di coltivare un canale permanente di ascolto e verifica del livello di soddisfazione del paziente, di comprendere meglio la domanda di salute, di migliorare l’approccio sanitario e la relazione verso il paziente e la famiglia. Per tutti questi motivi, da sempre, il CNT ritiene la comunicazione un’attenzione di primo livello nell’ambito di propri obiettivi, cercando di promuoverla e curarla sia nella forma della comunicazione pubblica, sia in quella non meno importante della relazione medico-paziente. In proposito, vale la pena ricordare il lavoro che negli anni si è svolto per promuovere tra gli operatori medici e sanitari più adeguate competenze e abilità sia sul fronte dell’utilizzo della comunicazione “mediatica” (es. corsi di formazione per la comunicazione della donazione e del trapianto), sia sul piano delle modalità di relazione tra operatore sanitario, pazienti e loro familiari.
Fin dal 1999, anno della sua istituzione, il Centro Nazionale Trapianti (CNT), insieme al Ministero della Salute e alle Associazioni di settore, ha realizzato Campagne Nazionali di Comunicazione in tema di Donazione e Trapianto di Organi, tessuti e cellule. Nei primi anni, i piani di comunicazione potevano contare su una potenza di mezzi che rendevano possibile la realizzazione di campagne media capillari e pervasive. Nel corso del tempo, la riduzione di finanziamenti ma anche i cambiamenti introdotti nel campo dai nuovi strumenti (il web è l’esempio più eclatante) hanno indotto mutamenti profondi nelle strategie: il primo riguarda il passaggio da campagne generaliste, basate sulla pianificazione di mezzi di comunicazione di massa (campagne stampa, spot radio e tv, affissioni), a campagne maggiormente profilate per diversità di target e sempre più mirate al progressivo coinvolgimento di soggetti istituzionali e non (es. progetti volti ad aumentare l’informazione e le dichiarazioni di volontà e a coinvolgere reti di operatori sensibilizzati al tema presso scuole, università, associazioni; il progetto “Trapianto… e adesso Sport” per promuovere l’attività fisica nei trapiantati o “Una scelta in comune” per promuovere la registrazione della volontà presso le anagrafi comunali); il secondo cambiamento riguarda il passaggio dalla comunicazione 1.0 a quella 2.0, accompagnato dallo sviluppo di strumenti dedicati ai diversi profili di interesse (es. il sito trapianti.net rivolto agli operatori della rete, www.salvoegaia.it rivolto agli studenti delle scuole elementari, la prima campagna social “Sonoundonatore”, la web serie “Di nuovo in pista” sulla storia di un trapiantato di cuore che, gareggiando insieme al suo medico dello sport, ha corso 8 gran fondo ciclistiche).
Questi cambiamenti si sono resi necessari nel tempo e hanno portato a risultati non trascurabili. Tuttavia, non possiamo sentirci appagati. È doveroso spingersi oltre, ripensare e sperimentare nuove forme e prassi che la comunicazione pubblica può assumere nell’ambito della donazione e del trapianto; perché se è vero che, anche grazie ai nuovi canali e all’aumentata accessibilità delle informazioni, oggi più di ieri, possiamo considerare la donazione di organi un tema conosciuto, è altrettanto verificato che, in questo settore, non sempre all’informazione segue l’espressione di una scelta. Per indurre i cittadini ad esprimersi, e possibilmente per ingenerare un favor verso la donazione, servono, accanto alle informazioni, le testimonianze e la comunicazione interpersonale.
La domanda forte che, allora, si pone è: quali strategie attuare per indurre i cittadini ad esprimersi, quali mezzi possono offrire al nostro messaggio la possibilità giungere a destinazione, inducendo un cambiamento di approccio e di sintesi comportamentale?
La rete, i social, seppure pervasivi, non sempre offrono il giusto approfondimento o garantiscono la costruzione di un contesto protetto ed empatico ove una convinzione profonda possa maturare. Questo è quanto si ritiene, invece, possa essere più efficacemente promosso nell’ambito di una comunicazione tra persone. Il messaggio della donazione, fortemente saldato alla solidarietà sociale che lega una comunità e le generazioni tra loro, risulta da sempre più fortemente valorizzato dal “passaparola” e dalla testimonianza personale, all’interno di piccole o ampie comunità od organizzazioni, che da messaggi generalizzati.
È, perciò, in questa direzione che, occorre dirigere la ricerca creativa di nuove strategie e modalità comunicative.
Una ricerca motivata dalla necessità di superare i limiti delle scarse risorse economiche per la comunicazione, della oggettiva complessità dei temi (richiamanti le categorie della morte propria o di un congiunto), della dimensione misurata della rete trapiantologica e del suo conseguente impatto comunicativo.
In questo contesto, è maturato il nuovo progetto di campagna di comunicazione per il 2016 e per i prossimi anni: un programma diretto non ai singoli, ma alle grandi organizzazioni (istituzioni, associazioni di promozione sociale, soggetti pubblici o privati, nazionali o locali, istituzioni ed enti, pubblici e privati, associazioni, aziende, ecc.), finalizzato ad ottenere il loro impegno nella diffusione del messaggio della donazione verso i loro dipendenti, associati, membri, o verso la rete dei loro stakeholder, nelle modalità che riterranno più opportune. Con l’adesione al progetto, le organizzazioni si fanno portavoce al loro interno dell’importanza della donazione degli organi e del dichiarare in vita la propria volontà diffondendo le modalità con cui esprimerla.
Così, attraverso le reti dei comunicatori interni delle grandi organizzazioni, con modalità flessibili e innovative, valorizzando la capacità di testimonianza delle leadership e dei brand nell’ambito delle comunità coinvolte, puntiamo a tessere una vera e propria rete del dono, promuovendo una catena di diffusione capillare attraverso il coinvolgimento sempre più ampio di settori diversificati.
L’obiettivo è che le organizzazioni, in testa quelle di promozione sociale, ma non di meno quelle più spesso impegnate nel marketing commerciale, trovino in questa campagna una modalità per esprimere la loro responsabilità sociale, il loro impegno per la comunità trasformando la donazione in un vero e proprio lovebrand.

Linkografia
– www.trapianti.net
– http://trapianti.net/trapiantoe-adesso-sport/
– www.trapianti.salute.gov.it/cnt/cntDettaglioMenu.jsp?id=222&
– www.salvoegaia.it
– www.sonoundonatore.it




Le attività internazionali del CNT: quali ricadute per la rete italiana?
Paola Di Ciaccio, Claudia Carella, Maura Mareri,
Silvia Pisanu, Claudia Ferraro, Alessandro Nanni Costa
Centro Nazionale Trapianti, Roma
paola.diciaccio@iss.it

Le attività internazionali del Centro Nazionale Trapianti (CNT) si sono inizialmente sviluppate secondo quanto stabilito dall’Articolo 8 della Legge 91/99, che assegnava al CNT il compito di “promuovere e coordinare i rapporti con le istituzioni estere di settore al fine di facilitare gli scambi degli organi”. Si trattava pertanto di un mandato generico a promuovere rapporti con le istituzioni di settore, ma ben definito nello scopo. In una prima fase, infatti, questo compito si è tradotto soprattutto nella rappresentanza italiana a tavoli tecnici internazionali preesistenti, come quello delle European Organ Exchange Organizations o del Comitato europeo per il Trapianto di organi del Consiglio d’Europa, e nella gestione di accordi bilaterali per lo scambio di organi.
A partire dal 2004, sulla scorta del mandato assegnato in ambito di salute pubblica all'Unione Europea dall'articolo 168 del Trattato di Lisbona, la Commissione europea ha emanato ben 7 direttive relative all'intero processo di donazione e trapianto di materiale di origine umana, al fine di assicurare l'adozione di standard elevati di qualità e sicurezza nei paesi membri. Sia la fase preparatoria delle Direttive che la loro implementazione hanno funto da catalizzatore per la creazione di un network di stakeholder istituzionali e tecnici. Relazioni bilaterali, come quelle tra Francia e Germania, o multilaterali, come lo European Transplant Network 1, nate tra il 2003 e il 2004, sfociarono inizialmente in progetti di libera iniziativa, finanziati da programmi europei diversi. Ad esempio, i progetti Eurodonor2 ed Eurocet3 che avevano come obiettivo la raccolta standardizzata di dati di attività, oppure l'Alliance-O4, un vero e proprio sforzo di “coordinamento” dei francesi riguardo alle politiche nazionali nella gestione di donazione, allocazione, qualità e sicurezza nel trapianto di organi.
Con il decollo della intensa attività normativa sopradescritta, è stata poi la Commissione stessa a supportare gli Stati Membri nella implementazione delle Direttive, attraverso una serie di bandi del programma Salute Pubblica. Nella tabella I riportata di seguito, dove sono elencati i progetti coordinati in questi anni dal CNT, sono otto quelli finanziati dal Programma Salute Pubblica, equamente ripartiti tra organi e tessuti/cellule.



Per avere un’idea completa dell'impegno che l'ambito internazionale ha richiesto in questi anni, ai progetti coordinati vanno aggiunte le varie azioni cui il CNT ha participato come partner, alcune delle quali hanno avuto ricadute importanti come l'ACCORD, coordinato dalla Organizaciòn Naciònal de Transplantes, nonché la gestione del Collaborating Centre dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Notify, relativo alla vigilanza e sorveglianza per cellule, tessuti e organi umani.
Molti di questi progetti, oltre ad impattare sulle policy sanitarie dei rispettivi settori, hanno avuto ricadute concrete per le attività quotidiane della Rete Italiana, e sono qui di seguito illustrati i prodotti finali di alcuni progetti, due riguardanti gli organi e due relativi a cellule e tessuti ed uno in ambito comune, frutto, come tutti gli altri, di un impegno collettivo di tanti colleghi della rete che vi hanno collaborato.

Gli scambi internazionali di organi, dal COORENOR al FOEDUS
Dal 2010 ad oggi, i progetti COORENOR5 e FOEDUS hanno creato e perfezionato un portale internazionale per gli scambi di organi, fisicamente ospitato nella Repubblica Ceca. In figura 1 viene mostrata l’evoluzione positiva delle offerte di organi gestite attraverso il portale, che negli ultimi cinque mesi è culminata in 12 trapianti effettuati con successo, di cui 8 effettuati con organi pediatrici, grazie anche ad accordi bilaterali e multilaterali gestiti attraverso il portale, come quelli dell’ETN e del SAT (South Alliance for Transplant).




Un’azione congiunta per la donazione e il trapianto di organi: ACCORD
L’azione congiunta ACCORD ha coinvolto ben 22 paesi europei e riguarda diversi ambiti: la donazione da vivente, in cui è stato prodotto un data set condiviso e standardizzato per il follow-up dei donatori; le procedure di gestione del fine vita nelle terapie intensive, per le quali è stata sviluppata una metodologia di analisi e gestione delle criticità e quattro gemellaggi con Repubblica Ceca, Malta, Lituania e Cipro, in cui l’Italia si è fatta promotrice dello sviluppo di un programma di assicurazione di qualità dei centri trapianto, che include procedure di autorizzazione, valutazione degli esiti e audit periodici.

Ispezioni e vigilanza nelle banche di tessuti e cellule: EUSTITE e SOHOV&S
Incentrati su ispezioni e vigilanza, questi due progetti hanno sviluppato linee guida per le ispezioni, poi utilizzate dalla Commissione europea per l’”Operational Manual for Inspection of Tissue and Cell Procurement and Tissue Establishments”, e hanno inoltre messo a punto una metodologia di gestione degli eventi e reazioni avverse gravi per tessuti e cellule, incluse quelle riproduttive.

La tracciabilità di cellule e tessuti: EUROCET 128
In questo ambito, il CNT ha raccolto e classificato le informazioni ricevute dalle Autorità Competenti degli Stati Membri relative alla codifica dei prodotti da tessuti e cellule umani, dalla lista aggiornata delle banche autorizzate ai codici prodotto in uso nei diversi paesi. È stato poi realizzato un convertitore di codici che consente di risalire al donatore e alla prima banca che ha processato il prodotto, a partire dal codice riportato sul prodotto stesso. L’applicativo sarà disponibile in chiaro dal 2016 sul sito della Commissione europea.

La NOTIFY Library
In qualità di Collaborating Centre dell’OMS, il CNT ha sviluppato la Notify Library, un database consultabile di reazioni ed eventi avversi documentati, nel trapianto, nella donazione e nella procreazione medicalmente assistita. I casi sono analizzati da gruppi di lavoro internazionali e dai principali esperti del settore e hanno una importante valenza di consultazione nella pratica quotidiana (www.notifylibrary.org).

Bibliografia
1. Di Ciaccio P, Delvecchio C, Ferraro C, Gabbrielli F, Nanni Costa A. European Transplant Network (ETN): una rete di cooperazione con le organizzazioni di trapianto dei paesi dell’Est. Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità 2005; 18: 11-5.
2. Di Ciaccio P, Ghirardini A, Scaglia S, Nanni Costa A, van de Vegte-Bolmer M. The Eurodonor project: an attempt at harmonization. Organs and Tissues 2003; 6: 93-7.
3. Mareri M, Filippetti M, Ghirardini A, Vespasiano F, Di Ciaccio P, Nanni Costa A. The EUROCET Network: support for coding, vigilance and surveillance. Transfusion medicine and hemotherapy 2011; 38: 352-6.
4. Villa E, Di Ciaccio P, Delvecchio C, Mattucci DA, Ghirardini A, Venettoni S, Nanni Costa A. Raccomandazioni e proposte per la coordinazione europea della ricerca su donazione e trapianto. I risultati del progetto ALLIANCE-O. Trapianti 2007; 11: 127-35.
5. Di Ciaccio P, Carella C, Procaccio F, et al., COORENOR Consortium. COORENOR: coordinating a European initiative among national organizations for organ trasplantation. Organs, Tissues & Cells 2013; 16: 87-98.