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Stati Uniti: primo trapianto di pene
L’intervento risale a un anno fa, la sua descrizione e pubblicazione a qualche mese fa sugli Annals of Surgery1: si è trattato del primo trapianto di pene negli USA avvenuto con successo.
Il trapianto di pene rientra negli allotrapianti compositi vascolarizzati (vascularized composite allotransplantation – VCA) destinati a pazienti con gravi danni ad organi complessi, come mani o viso. L’intervento effettuato al Massachussetts General Hospital di Boston ha visto per la prima volta negli USA realizzarsi un VCA su un uomo di 64 anni affetto da cancro al pene a causa del quale aveva subito una penectomia parziale. Il paziente era libero da malattia da 4 anni. L’organo proveniva da un donatore in morte cerebrale.
Il candidato al trapianto è stato sottoposto ad un percorso di valutazione medica, chirurgica e radiologica e la sua candidatura posta in rassegna ulteriormente da un team multidisciplinare composto da chirurghi, medici, psichiatri, operatori sociali e coordinatori infermieristici. Confermata la validità della candidatura, individuato il donatore e sottoposto a preparazione il paziente ricevente, si è proceduto al trapianto ricostruttivo. Questo ha incluso anastomosi dell’uretra, delle arterie corporali, cavernose e dorsali, della vena e dei nervi dorsali, nonché di una sezione di pelle del donatore. La terapia di mantenimento con immunosoppressori è consistita in mofetil micofenolato, tacrolimus e metilprednisolone.
Il post operatorio ha visto l’evacuazione di un ematoma a due giorni dall’intervento chirurgico; l’avvio di terapia con tadalafil (Cialis) per condizionare la funzione erettile; la rimozione del catetere alla terza settimana fino alla dimissione del paziente il venticinquesimo giorno successivo al trapianto. Tre giorni dopo la dimissione si è manifestato un rigetto acuto di grado I trattato con metilprednisolone, rigetto ripetutosi di grado III al trentaduesimo giorno post intervento trattato questa volta con globuline anti timociti e metilprednisolone. A 7 mesi dal trapianto, il paziente ha recuperato parzialmente la sensazione del fusto del pene e ha tumescenza spontanea del pene, inoltre registra soprattutto una certa soddisfazione circa la propria salute, un notevole miglioramento dell’immagine di sé e un forte ottimismo circa il suo futuro.
Visto il risultato eccellente dell’esperienza americana, c’è grande ottimismo circa l’evolversi del trapianto ricostruttivo e nello specifico del trapianto di pene, intervento gestibile con successo con il comune trattamento immunosoppressivo.
L’intervento realizzato al Massachussetts General Hospital di Boston nel maggio del 2016 è stato il secondo intervento di questo tipo al mondo, il primo trapianto di pene avvenuto con successo fu portato a termine l’11 dicembre 2014 presso il Tygerberg Hospital a Cape Town dall’equipe di Van der Merwe che, a capo della Divisione di urologia, ha ripetuto con medesimo successo un trapianto di pene il 21 aprile 2017 su un uomo di 40 anni che aveva perso l’organo a 17 anni in seguito alle complicazioni di una tradizionale circoncisione.
Bibliografia
1. Cetrulo CL Jr, Li K, Salinas HM, et al. Penis Transplantation: First US Experience. Ann Surg 2017 May 15; doi: 10.1097/SLA.000000 0000002241. [Epub ahead of print]. www.nature.com/nrurol/journal/vaop/ncurrent/full/nrurol.2017.88.html#access.



disparità nei trapianti, i programmi di allocazione aiutano a ridurle
Equità in salute e come realizzarla. È il tema, di grande attualità e rilevanza, di cui si è occupato Health Affairs1 di giugno. Con la duplice prospettiva dell’equità in salute tout court e della relazione tra questa e i fattori sociali. Una parte dei contenuti è dedicata anche alla trapiantologia, in particolare alla riduzione della disparità delle quote di trapianti grazie all’implementazione, nel 2014, del nuovo sistema di allocazione del rene da parte dello United Network for Organ Sharing. Prima di questa data, i pazienti bianchi andavano incontro a maggiori possibilità di ricevere un trapianto di rene rispetto ai neri e agli ispanici.
Per indagare gli effetti di questo nuovo sistema di allocazione degli organi, Melanson et al.2 hanno analizzato i dati di 180.000 persone in lista di attesa per trapianto di rene da giugno del 2013 a settembre del 2016, rilevando un cambiamento significativo delle quote di trapiantati a favore della riduzione delle disparità nei diversi gruppi etnici. Se prima dell’implementazione del sistema si aveva uno 0,80% di neri e uno 0,91 di ispanici trapiantati contro uno 0,95 di bianchi, seguendo il nuovo sistema di allocazione le percentuali sono passate a 0,96 di neri e 0,91 di ispanici. Questo significa che il sistema ha permesso di incrementare notevolmente le quote di trapianti destinati a neri e ispanici.
L’auspicio degli autori dello studio è quello di vedere in questo sistema di allocazione del rene una opportunità di riduzione delle disparità in salute applicandolo quindi ad altri settori del sistema sanitario.
Bibliografia
1. http://healthaffairs.org/blog/ 2017/06/05/health-affairs-june-issue-pursuing-health-equity/
2. Melanson AT, Hockenberry JM, Plantinga L, et al. New kidney allocation system associated with increased rates of transplants among black and hispanic patients. Health Affairs 2017; 36: 10-78-85.



un passo in avanti verso il trapianto di testa?
Presso la Harbin Medical University in Cina, la stessa equipe di ricerca che si accingerebbe ad eseguire il primo trapianto di testa entro l’anno, e di cui fa parte Sergio Canavero, chirurgo e neuroscienziato italiano, ha reciso e poi ricollegato il midollo spinale in 9 topi, che – dopo un trattamento di riabilitazione – sono tornati a deambulare a 28 giorni dall’intervento. Esperimento, questo, controverso che potrebbe rappresentare forse un’ulteriore tappa per arrivare al trapianto di testa nell'uomo, ritenuto da larghissima parte della comunità scientifica irrealizzabile e con un numero eccessivo di incognite.
CNS Neuroscience & Therapeutics ha pubblicato a giugno i dettagli della ricerca1: l’equipe è intervenuta su 15 topi recidendo il midollo spinale all’altezza della vertebra toracica T10. A 9 topi è stata applicata una speciale colla composta da glicole polietilenico, mentre i  6 del gruppo di controllo sono stati trattati con una soluzione salina. Ad entrambi i gruppi di topi sono stati somministrati degli antibiotici per le 72 ore successive all’intervento. Uno dei 9 topi del gruppo di glicole polietilenico è morto poco dopo l’operazione e tutti gli altri hanno riacquisito la deambulazione al 28esimo giorno sebbene siano poi tutti morti successivamente. Nel gruppo di controllo, nessun animale ha recuperato la deambulazione. A dimostrazione, secondo i ricercatori, che un midollo spinale danneggiato può essere ripristinato e permettere nuovamente la capacità di movimento.
Questa conclusione apre, a detta degli autori della ricerca, nuove possibilità per la cura di paralisi spinali attraverso una procedura di disgiunzione-riapposizione, in cui il segmento danneggiato viene rescisso e le due sezioni riavvicinate dopo vertebrectomia/discectomia.
Bibliografia
1. Ren S, Liu Z-H, Wu Q, et al. Polyethylene glicol-induced motor recovery after total spinal transection in rats. CNS Neurosci Ther 2017; 2017 14 June; doi: 10.1111/cns.12713
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/cns.12713/full



Note

*Queste news sono a cura de Il Pensiero Scientifico Editore e non riflettono la posizione ufficiale del CNT.