Una nuova stagione per i trapianti in Italia

Massimo Cardillo

Direttore Generale Centro Nazionale Trapianti

Pervenuto l’11 giugno 2019.

Premessa

Quest’anno si celebrano i vent’anni di applicazione della legge 1 aprile 1999, n. 91 che ha definito il contesto organizzativo dell’attività trapiantologica in Italia, e allo stesso tempo sancito il diritto di ogni cittadino di poter manifestare in vita la propria volontà in ordine alla donazione di organi e tessuti. In questi vent’anni il numero di trapianti nel nostro Paese è cresciuto, passando dai 1083 del 1992 ai 3719 del 2018; i donatori utilizzati sono passati da 5,8 per milione di abitanti (pmp) a 22,6 pmp. È migliorata la qualità degli interventi e la qualità di vita dei pazienti; soprattutto è stata estesa a livello nazionale quella rete che prima era appannaggio solo di alcune Regioni.

Sono stati anche i primi vent’anni del Centro Nazionale Trapianti (CNT), che ha contribuito in modo significativo a determinare questa crescita, grazie alla visione e all’impegno del suo Direttore, Alessandro Nanni Costa. Vent’anni fa la rete nazionale non esisteva, per quanto fossero attivi nel nostro Paese eccellenti programmi di trapianto e organizzazioni regionali e multiregionali nate grazie alla visione di illustri pionieri. Oggi la rete trapiantologica italiana è una realtà, e rappresenta un’eccellenza del Sistema Sanitario Nazionale. È una rete che comprende 96 programmi di trapianto di organi in 43 ospedali, 19 centri di coordinamento regionale, circa 300 ospedali attivi nella donazione degli organi, 31 banche dei tessuti, con una media di 10 trapianti eseguiti ogni giorno da 5 donatori e una comunità di circa 2000 operatori sanitari impegnati nelle diverse fasi del processo. A tutto questo si aggiungono 85 programmi di trapianto di cellule staminali emopoietiche, 100 centri di trapianto di cellule staminali emopoietiche e 250 centri di reclutamento dei donatori.

Ma questo non deve essere soltanto un anno di celebrazioni, bensì un punto di partenza per inaugurare una nuova stagione dei trapianti, che possa confermare lo sviluppo di questi anni e affrontare le questioni ancora aperte e le sfide che il futuro ci offre.

La disponibilità di organi per trapianto

Esiste ancora oggi un fabbisogno insoddisfatto di trapianto, testimoniato dal numero di pazienti in lista d’attesa (8713 al 31 dicembre 2018), per i quali il numero di organi oggi disponibili non copre che metà delle necessità. Senza considerare il fatto che la numerosità della lista d’attesa rappresenta solo in parte il reale bisogno di cura, in quanto molti pazienti che potrebbero giovarsi di questa terapia non vengono inseriti in lista proprio in considerazione dell’insufficiente numero di organi disponibili.

In tale ottica, il CNT ha iniziato un percorso di realizzazione di registri delle insufficienze d’organo, con l’obiettivo di misurare e monitorare il reale fabbisogno di trapianto, e di valutare quali siano le caratteristiche dei pazienti che condizionano l’inserimento in lista d’attesa per trapianto.

Il tema di maggiore priorità, dunque, è quello di aumentare la disponibilità di organi per trapianto. I dati a disposizione del CNT dimostrano che il numero di soggetti deceduti che vengono proposti per la donazione di organi e tessuti è largamente inferiore alle potenzialità, e soprattutto che esistono ancora grandi differenze tra le diverse Regioni italiane, con tassi di donazione che oscillano da 7 a 47 per milione di abitanti. Le ragioni di queste criticità sono molteplici, ma certamente due di queste giocano un ruolo principale: organizzazione degli ospedali e fiducia dei cittadini nel Sistema Sanitario Nazionale.

A riguardo del primo tema è cruciale che in tutte le Regioni italiane vengano adottate le misure previste dal Piano Nazionale delle Donazioni, definito già dal 2015 e approvato in Conferenza Stato-Regioni. Il Piano ha l’obiettivo di strutturare in modo professionale il percorso della donazione di organi e tessuti negli ospedali, di identificare i professionisti e le loro responsabilità, e di indicare obiettivi e indicatori di attività ai Direttori Generali. Ad oggi non tutte le Regioni hanno ancora recepito il Piano, e molte non lo hanno ancora adottato in modo adeguato.

L’applicazione del Piano è particolarmente importante per dare nuova linfa allo sviluppo di programmi innovativi, come quello della donazione di organi e tessuti da soggetto deceduto a cuore fermo. Questa attività è nata in Italia da qualche anno e sta crescendo in modo esponenziale, con un numero sempre maggiore di ospedali e di Regioni che si stanno organizzando per partire, ma i numeri sono ancora lontani da quelli di alcuni Paesi europei. Nel 2018 sono stati eseguiti 101 trapianti con organi procurati da donatori a cuore fermo. I principali ostacoli allo sviluppo di questa attività non sembrano essere rappresentati dal consenso delle famiglie dei potenziali donatori, anche perché in questo caso è più facilmente comprensibile la morte del congiunto, quanto le capacità organizzative degli ospedali e l’atteggiamento di parte del personale sanitario. Strategica e importante in questo contesto sarà la collaborazione da sviluppare con le società scientifiche sul tema del percorso di fine vita all’interno dei reparti di terapia intensiva.

Prelievo e trapianto di tessuti

Negli ultimi anni la donazione dei tessuti ha subito una forte espansione, ponendo l’Italia tra i primi Paesi europei. Nel 2018 sono state registrate oltre 200.000 donazioni che hanno permesso di effettuare oltre 240.000 trapianti. Il trapianto di tessuti pur non rappresentando una terapia “salvavita” rappresenta un’importante soluzione terapeutica che consente un miglioramento della qualità della vita dei pazienti. I tessuti prelevati a scopo di trapianto (tessuti muscoloscheletrici-segmenti ossei, cartilagine e legamenti, tessuti cardiovascolari- arterie, vasi, valvole cardiache, tessuti oculari-cornea, sclera, tessuto cutaneo, membrana amniotica) vengono conservati, in strutture sanitarie pubbliche, denominate banche dei tessuti o istituti dei tessuti, che ne assicurano l’idoneità e la sicurezza prima del loro uso clinico. Trentadue sono le banche dei tessuti dislocate su tutto il territorio nazionale e costituiscono una rete di eccellenza anche grazie alla condivisione di protocolli operativi. Le banche dei tessuti sono oggetto di un programma ispettivo da parte del CNT e della Regione di riferimento con l’obiettivo di certificarne la conformità ai criteri di qualità e sicurezza stabiliti dalle direttive europee e dai loro recepimenti nazionali.

Sicurezza dei trapianti

Il trapianto è oggi una procedura sicura, ma il cambiamento dell’epidemiologia dei donatori ha reso necessaria un’organizzazione dedicata per consentire l’utilizzo sicuro di organi procurati anche da donatori molto anziani. L’età media dei donatori utilizzati in Italia è oggi di 56 anni, ben 10 anni superiore a quella che si osserva in nazioni con sistemi sanitari avanzati come il Regno Unito. Il donatore anziano richiede una valutazione di idoneità e sicurezza più accurata rispetto a quella necessaria in caso di donatore giovane, tesa anche ad escludere la presenza di pericolose malattie trasmissibili con il trapianto, come quelle infettive e neoplastiche. Il CNT ha realizzato un sistema di consulenza h24, a disposizione dell’intera rete, operato da esperti che valutano nel dettaglio i singoli casi e forniscono un parere sul livello di rischio del trapianto. Questo sistema di consulenze esperte è stato successivamente esteso alle malattie ematologiche, alle problematiche medico-legali e al rischio immunologico del trapianto, e molto presto comprenderà anche i rischi connessi alla presenza nel donatore di malattie genetiche. Questo sistema, che molti altri Paesi ci invidiano, ha permesso in questi anni di utilizzare in modo sicuro organi che in passato sarebbero stati scartati; oggi più del 40% dei donatori utilizzati ha un profilo di rischio non-standard.

I protocolli nazionali sulla sicurezza sono documenti di riferimento per tutta la rete, che hanno avuto sin dalla loro prima stesura una diffusione capillare, e vengono continuamente aggiornati alla luce delle nuove evidenze. Anche la definizione della sicurezza dei trapianti sta però vivendo una nuova stagione, in parte per la comparsa di nuovi agenti patogeni legati alla grande mobilità dei pazienti tra diverse nazioni, ma anche per l’identificazione di nuovi farmaci che oggi consentono di trattare con successo malattie infettive prima incurabili. Questo è particolarmente vero per alcune malattie virali come l’epatite C e l’epatite B, le cui complicanze rappresentavano la principale indicazione al trapianto di fegato, e oggi trattabili tempestivamente e con successo molto prima; anche la positività dei donatori per questo tipo di infezione non rappresenta oggi un criterio di esclusione dalla donazione, anzi, gli organi di questi donatori possono essere utilizzati con sicurezza anche in pazienti che non hanno mai avuto contatto con il virus, a patto che i test biomolecolari documentino l’assenza di replicazione virale attiva.

Trasporto e conservazione degli organi

Anche in questo ambito gli scenari stanno cambiano in modo sempre più repentino. La conservazione fredda, che è ancora lo standard per la maggioranza degli organi procurati, viene sostituita dalla possibilità di preservazione in macchine dedicate che consentono di minimizzare gli effetti del danno di ischemia-riperfusione; allo stesso tempo queste macchine danno la possibilità al trapiantatore di misurare alcuni parametri correlabili alla ripresa funzionale degli organi trapiantati. A questo si aggiunge il vantaggio di poter conservare gli organi in sicurezza, anche in attesa di completare le valutazioni di sicurezza in corso per il donatore. L’utilizzo delle macchine di perfusione ex-situ è oggi sempre più frequente soprattutto per alcune categorie di organi, come quelli procurati da donatore a cuore fermo o da donatore con criteri estesi.

Il tema in oggetto è poi legato alla necessità di una maggiore professionalizzazione delle procedure di confezionamento e di trasporto degli organi stessi, soprattutto quelli che viaggiano senza equipe di prelievo verso sedi di trapianto molto lontane da quella di prelievo. Non è accettabile, come purtroppo a volte ancora accade, che gli organi subiscano danni legati ad una cattivo confezionamento o a modalità di trasporto improvvisate; è necessario che il sistema garantisca trasporti professionali, sicuri, con precise modalità di tracciatura del percorso di confezionamento, di spostamento degli organi in tempo reale, e di monitoraggio della temperatura di conservazione, come è stato stabilito nel documento nazionale, approvato in conferenza Stato-Regioni nel 2015.

Il trapianto da donatore vivente

Il dono non è un concetto applicabile soltanto a quello che accade dopo la morte, è necessario sviluppare la cultura del dono nell’ambito della donazione da vivente. Il trapianto da vivente in Italia è stato organizzato con un sistema che garantisce particolare attenzione alla tutela dei donatori e dei riceventi, con una valutazione di una parte terza indipendente che verifica le motivazioni della coppia e valuta che tutto il percorso si svolga nel rispetto della legge e dei criteri etici che sottendono questa attività.

Oggi il numero dei trapianti di rene da donatore vivente è in crescita rispetto al passato con 5,3 trapianti pmp ma ancora distante dai 15,1 trapianti pmp di Inghilterra e i 9,4 pmp della Spagna.

È necessario informare i pazienti e i loro familiari di questa possibilità, anche prima che il paziente inizi il trattamento dialitico, rassicurarli sul fatto che oggi il prelievo di un rene è una procedura sicura, messa in atto con tecniche minimamente invasive, e che la vita del donatore di rene è assolutamente normale, con rischi molto bassi anche a lungo termine.

Per ottenere questo, è strategico impostare, in modo capillare, la formazione del personale medico e infermieristico delle nefrologie non sede di trapianto e migliorare i collegamenti della rete nefrologica sul territorio, nei percorsi che precedono e che seguono il trapianto.

In questi anni, sono stati sviluppati in Italia programmi accessori di trapianto di rene da vivente, come il programma crossover, che consente di identificare un donatore compatibile per pazienti che hanno un donatore vivente disponibile ma incompatibile per motivi immunologici. Questo sistema consente a volte di creare delle catene di donatori e riceventi, derivate dall’incrocio delle coppie affettivamente legate, anche molto lunghe. Nell’ambito del programma cross-over, dal 2015 al 2018, sono stati eseguiti 45 trapianti, di questi 24 sono stati possibili grazie a catene generate da 7 donatori, cioè da una persona che ha deciso di donare uno dei suoi reni alla comunità dei pazienti in modo del tutto disinteressato, dopo avere superato un percorso di accurata valutazione psicologica. Un programma nuovo, per il quale l’Italia è stata antesignana, è il programma DEC-K che prevede la creazione di catene cross-over da donatore cadavere. Nel nostro Paese, sino al 2018, questo programma ha permesso di attivare 4 catene e fare 14 trapianti.

Il trapianto da donatore vivente riguarda poi anche parte del fegato; questa procedura trova particolare indicazione nel paziente pediatrico, ma oggi può essere estesa con adeguati livelli di sicurezza anche nel paziente adulto. La complessità della procedura chirurgica e la necessità di minimizzare i rischi di complicanze per il donatore, comunque, impongono di concentrare questa attività in pochi centri trapianto, selezionati per livello di esperienza.

Algoritmi di assegnazione degli organi

Questo tema solleva questioni etiche particolari, che nascono dal bisogno di bilanciare bisogni leciti ma spesso in aperta contrapposizione. Le domande sono: quali priorità definire nell’allocazione di questa scarsa risorsa? È corretto privilegiare il miglior uso della risorsa, dando maggiore priorità alla beneficialità, oppure è necessario riconoscere ad ogni paziente lo stesso diritto di accedere a questa terapia, in ragione dei criteri etici di attesa e della sua urgenza? Non è un compito facile, se si considera che ci si muove in una realtà nazionale estremamente disomogenea, in termini di storia trapiantologica, di numero di centri attivi nelle Regioni, e di livelli di reperimento dei donatori.

Per quello che riguarda il trapianto di rene, il CNT ha iniziato nel 2013 un percorso di armonizzazione dei criteri utilizzati per l’assegnazione dei reni nei programmi regionali, definendo alcuni principi ai quali i gestori di lista avrebbero dovuto attenersi. Questo percorso ha portato alla definizione di una linea guida, promulgata nel 2015, alla quale ha fatto seguito l’identificazione di una commissione nazionale che ha ricevuto il mandato di individuare un nuovo algoritmo nazionale di allocazione dei reni, basato su criteri e modalità operative condivise dalla rete. La commissione ha lavorato più di due anni, adottando una metodologia rigorosa, basata sull’evidenza dei dati estratti dal sistema informativo dei trapianti, e ha messo a punto un algoritmo nazionale basato su punteggi derivati dall’analisi delle probabilità di trapianto in alcune categorie di pazienti e dei risultati attesi nelle stesse categorie, al fine di bilanciare gli opposti criteri di etica e beneficialità. L’algoritmo è stato implementato nei sistemi regionali dei gestori lista, ed è operativo in tutta Italia dal 1 aprile di quest’anno. A sei mesi è prevista una prima valutazione dei risultati della sua applicazione in modo da mettere in atto gli aggiustamenti necessari.

Per quanto riguarda il trapianto di fegato, è in corso l’implementazione dell’isoscore 2.0, un algoritmo messo a punto dal collegio dei chirurghi dei centri di trapianto di fegato, e applicato dal CNT nei differenti contesti regionali. L’algoritmo è il frutto di lungo lavoro che cerca di mettere insieme le necessità di utilizzare al meglio la risorsa disponibile, garantendo buoni risultati del trapianto e diminuzione della mortalità in lista d’attesa, in una situazione di rapido mutamento delle indicazioni al trapianto e quindi della tipologia di pazienti che accedono alla lista d’attesa.

Anche per il trapianto di polmone ci sono forti evidenze dell’utilità di adottare algoritmi condivisi per l’assegnazione degli organi, come il lung allocation score (LAS); alcune Regioni sono già partite con la sua adozione, ottenendo in breve tempo risultati considerevoli in termini di miglioramento di out come del trapianto e di mortalità dei pazienti in lista.

Il Centro Nazionale Operativo e il Sistema Informativo dei Trapianti

Al fine di dare seguito al dettato della legge 91/99, che assegna al CNT la responsabilità dell’allocazione degli organi per i programmi nazionali, nel 2013 è stato creato il CNT Operativo (CNTO), una centrale operativa attiva h24 che ha il compito di assegnare gli organi disponibili, interfacciandosi con i centri di coordinamento regionale, per i programmi nazionali.

I programmi gestiti del CNTO sono numerosi: Emergenze (cuore, polmoni), Urgenze (rene), Super Urgenze (fegato), Urgenze di Macro-Area (fegato), Pediatrico, Status 1B (fegato), Split Liver, Iperimmuni (rene), Rene-Pancreas, Eccedenze (tutti gli organi), DCD (polmoni, fegato, rene), HIV (tutti gli organi), Cross-Over (rene), Intestino e Multi viscerale, Compensazioni (tutti gli organi), Trasferimento di pazienti da Paesi collaboranti, Trasporti, le Liste dei programmi nazionali di trapianto oltre che le Second Opinion, gli eventi avversi e l’IGE – Italian Gate of Europe (tutti gli organi).

I programmi nazionali riguardano particolari categorie di pazienti, per i quali un accesso al trapianto limitato alle liste regionali rappresenta una forma di grave penalizzazione, e quindi si rende necessario gestire un livello di priorità nazionale.

L’attività del CNT ha consentito un’ottimizzazione della rete sia in termini di organi allocati che di risparmio nei trasporti esercitando anche un ruolo di armonizzazione dei meccanismi operativi di gestione dei donatori a livello regionale, e promuovendo lo sviluppo di un sistema informativo dei trapianti capace di gestire il percorso di donazione e trapianto in tempo reale, garantendo così maggiore affidabilità e sicurezza dei flussi di dati.

Si è così passati allo sviluppo del Sistema Informativo dei Trapianti (SIT), che progressivamente si trasforma da grande contenitore dei dati di prelievo, allocazione e trapianto, a disposizione della rete per il monitoraggio delle attività e per la produzione di evidenze scientifiche, a strumento operativo di gestione dell’intero programma. Il SIT è anche lo strumento che consente al CNT, attraverso il costante monitoraggio dei dati di attività e di valutazione degli esiti delle procedure di trapianto, di esercitare l’importante ruolo regolatore nazionale rispetto anche alla nuova normativa sui requisiti e sulla valutazione di appropriatezza delle attività dei centri. La costante attenzione agli aspetti strutturali/organizzativi in evoluzione nella rete rappresenta un fondamentale supporto alle decisioni delle autorità sanitarie regionali, al fine di ottimizzare e rendere meno disomogenee le attività e migliorare l’efficienza della rete nazionale.

Far crescere il consenso sociale alla donazione

Il consenso alla donazione non è omogeneo sul territorio nazionale. I numeri son particolarmente critici nelle Regioni del centro-sud del Paese, dove si osservano ancora tassi di opposizione alla donazione molto alti, in alcuni casi superiori al 50%.

Il CNT in ottemperanza alla legge 91/99 è da sempre impegnato nella sensibilizzazione della popolazione sull’importanza della dichiarazione di volontà in vita e della scelta di diventare donatore. Il questo senso il progetto “Una scelta in comune” e la relativa campagna di comunicazione, che ha lo scopo di promuovere la manifestazione di volontà presso tutti i Comuni italiani in occasione del rinnovo della carta di identità, ha già raggiunto risultati molto positivi, con più di 5 milioni di cittadini che si sono registrati. Questo progetto è strategico per il CNT e, dunque, va seguito con attenzione: molti Comuni non sono ancora partiti e in alcuni di questi si registrano percentuali di opposizione piuttosto alte. In particolare, bisogna portare in modo più capillare la formazione agli operatori degli uffici di anagrafe, in collaborazione con le associazioni dei comuni e degli ufficiali di anagrafe, in modo che questi possano offrire questa opportunità a tutti i cittadini in modo chiaro ed informato.

Dal 2016 il CNT e la rete trapiantologica e una fitta rete di partner pubblici e privati sono impegnati “sotto il segno del cuore” e lavorano alla campagna di Comunicazione “Diamo il meglio di noi” organizzando sui territori e all’interno delle proprie realtà lavorative eventi di sensibilizzazione e di reclutamento di donatori.

Un impegno da riprendere con maggiore vigore è quello di migliorare la penetrazione del messaggio del dono nelle scuole, e inserire questo tema nel percorso di formazione universitaria di quello che diventerà il personale sanitario del futuro. In tutte queste attività di informazione capillare nel territorio, è importante la sinergia con le associazioni di volontariato, che rappresentano i pazienti e i familiari dei donatori, e hanno sempre fornito un contributo significativo sia all’attività di informazione rivolta ai cittadini, alla sensibilizzazione del mondo politico.

La formazione

La formazione del personale sanitario è un’altra delle sfide che dovremo affrontare nel prossimo futuro. È necessario investire nei giovani e far nascere una nuova generazione di professionisti della donazione e del trapianto che sappiano far propria l’eredità dei maestri. La medicina dei trapianti deve trovare spazio nel percorso di formazione professionale dei medici e degli infermieri, dei biologi e dei tecnici, perché la sua complessità richiede un percorso formativo specifico. Il CNT è impegnato nell’ampliare l’offerta formativa messa a disposizione delle Regioni, attraverso la realizzazione di workshop, corsi pratici, e meeting monotematici su tutti gli aspetti del processo, con una particolare attenzione alle nuove frontiere. È necessario creare i percorsi di formazione professionale centrati sulla medicina dei trapianti, che oggi, specialmente nel settore della donazione, non trova percorsi di carriera consolidati che rappresentino, per i professionisti che si dedicano a questa attività, il giusto riconoscimento.

La ricerca

Il CNT deve poi mantenere un forte collegamento con la rete, non solo perché interviene nelle procedure operative di selezione dei donatori e di assegnazione degli organi per i programmi nazionali, ma perché deve essere in grado di cogliere le istanze degli operatori e sostenere la crescita del sistema. Sotto questo aspetto deve essere sempre più forte la sinergia con i centri di prelievo e di trapianto e con i gruppi di ricerca.

La trapiantologia è da sempre una disciplina che ha favorito lo sviluppo della ricerca, per la natura del modello biologico che la caratterizza; questo ruolo deve essere mantenuto e sviluppato, in collaborazione con le società scientifiche, nel rispetto che è dovuto alla consapevolezza di trattare con una risorsa scarsa e inadeguata a soddisfare il fabbisogno dei pazienti che richiedono questa terapia. Questo pone particolari problemi quando la ricerca è mirata a estendere le indicazioni del trapianto di organi a pazienti con patologie (soprattutto neoplastiche) che in passato costituivano una controindicazione all’intervento e che oggi trovano nel trapianto una concreta possibilità di terapia. Questa problematica, che riguarda in modo particolare il trapianto di fegato, va affrontata in modo da comprendere quanto sia effettivamente possibile estendere queste indicazioni garantendo risultati accettabili, ed identificando un fabbisogno compatibile con la reale disponibilità di organi.

Va sostenuta la ricerca nell’ambito della comprensione dei meccanismi del danno cronico del trapianto, che è la causa più frequente di perdita di funzione dell’organo trapiantato per molti pazienti. Questi studi hanno anche lo scopo di individuare meccanismi di tolleranza che, una volta indotti, potrebbero minimizzare la necessità di terapia immunosoppressiva, che è gravata a lungo termine di rischi non trascurabili. Ricerca è anche favorire lo sviluppo dei trapianti sperimentali, procedure di trapianto di tessuti complessi, che pongono questioni di grandi capacità chirurgiche e questioni etiche, basti pensare ai recenti casi di trapianto di tessuti facciali, di arti e di utero. La ricerca in trapiantologia continua a esplorare le nuove strade offerte dalle terapie cellulari avanzate, che si arricchiscono delle possibilità di manipolazione cellulare genetica e delle nanotecnologie, che potrebbero consentire presto di definire nuovi paradigmi di trattamento delle malattie neoplastiche, sia ematologiche, sia riguardanti i tumori solidi.

La medicina rigenerativa, insieme allo sviluppo di nuovi materiali utilizzati per la creazione di modelli che riproducono la struttura tridimensionali degli organi, potrebbe presto portare allo sviluppo di veri e propri organi artificiali capaci di riprodurre le funzioni biologiche complesse degli organi e nello stesso tempo risultare biologicamente compatibili; l’effetto immediato sarebbe quello di rendere pressante il fabbisogno per i pazienti in lista d’attesa. Si tratta di scenari futuribili, per ora solo di speranze, ma è possibile che il futuro sia più vicino di quanto si pensi.

Mobilità sanitaria a scopo di trapianto da e verso l’Italia

Il CNT ha già da svariati anni portato avanti iniziative per controllare la mobilità sanitaria a scopo di trapianto sia in uscita che in entrata.

Nei primi anni, quando i tassi di donazione erano ancora ridotti, era infatti abbastanza sostenuto il flusso di pazienti che otteneva l’autorizzazione ad effettuare il trapianto in Paesi esteri (soprattutto Austria, Belgio, Francia e Regno), così come il numero di quelli che si sottoponevano a follow-up periodico. Con il Decreto ministeriale del 31 marzo 2008, alla luce di uno sviluppo in evoluzione delle attività trapiantologiche italiane, si è voluto riportare queste autorizzazioni nell’ambito di un percorso ben identificato e sorvegliato dai centri regionali e dal CNT, con il risultato di una sostanziale riduzione del flusso in uscita (da 331 autorizzazioni rilasciate per iscrizione in lista/trapianto e 653 per controlli e proseguimento cure nel 2005 a 33 e 592, rispettivamente, nel 2017 – fonte dati TECAS).

Riguardo la mobilità in entrata, la strada degli accordi bilaterali tra autorità competenti è stata ed è tuttora quella identificata per far fronte ad un certo numero di richieste cliniche di pazienti provenienti da alcuni paesi limitrofi (attualmente sono in essere accordi con la Grecia, Malta e la Serbia), dove alcune opzioni terapeutiche sono spesso solo parzialmente disponibili o del tutto assenti, sempre nell’ottica di un bilancio equo tra risorse in entrata e in uscita e pur nel rispetto della autonomia delle regioni di rispondere o meno ad istanze singole. Il monitoraggio costante e l’attenzione alla definizione condivisa di eque soluzioni costituisce senza dubbio uno degli obiettivi dell’attività del CNT in tale ambito nei prossimi anni.

Collaborazioni e progetti internazionali

Dal 2002 – anno in cui venne finanziato il primo progetto – ad oggi, il numero di progetti, accordi bilaterali e multilaterali gestiti dal CNT, in stretta collaborazione con tanti esperti della rete, centri regionali e ospedali, è andato via via crescendo, con ricadute positive in termini di scambio di expertise, consolidamento di buone pratiche comuni a supporto dell’attuazione delle Direttive europee in ambito di qualità e sicurezza, ed anche miglioramento di risposta assistenziale, come nel caso degli scambi internazionali di organi e del recente impulso che stiamo cercando di dare al programma di crossover internazionale europeo. Sono attualmente 25 i progetti finanziati dall’Unione Europea, cui il CNT ha preso parte, di cui in 12 ha rivestito il ruolo di coordinatore.

L’auspicio per i prossimi anni è che le fruttuose sinergie create con altri Paesi possano essere ulteriormente messe a disposizione della internazionalizzazione e della crescita della rete italiana, attraverso l’individuazione di settori di interesse specifici e supporto ad iniziative condivise.

Donazione e trapianto di cellule staminali emopoietiche

L’attività di trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) quale terapia di elezione per il trattamento di numerose patologie in ambito onco-ematologico e non, è iniziata in Italia alla fine degli anni ‘70 e ha mostrato un aumento esponenziale. Negli ultimi 10 anni sono stati effettuati oltre 50.000 trapianti, di cui 2/3 autologhi e 1/3 allogenici (oltre il 40% di trapianti allogenici in Italia viene eseguito con donatore non familiare). Attualmente i centri trapianto sono 100, di questi 61 svolgono attività di trapianto sia autologo che allogenico e 26 solo trapianto autologo.

La possibilità di effettuare un trapianto è legata alla disponibilità di un donatore compatibile che viene ricercato inizialmente in ambito familiare e successivamente nei registri di donatori volontari. In Italia quest’ultima attività di ricerca è svolta e coordinata dal Registro italiano di donatori di midollo osseo (IBMDR) che è stato istituito nel 2001 con la legge 52/2001. Attualmente, pur disponendo di oltre 400.000 donatori adulti attivi e di oltre 35.000 unità di sangue cordonale, numeri che pongono il Registro italiano come terzo registro europeo è tra quelli più importanti a livello internazionale, il numero dei donatori italiani non è sufficiente a coprire il fabbisogno dei nostri pazienti e pertanto circa i 2/3 dei trapianti vengono effettuati con cellule staminali provenienti da donatori iscritti in registri esteri. Per ovviare a questa situazione negli ultimi anni sono state intraprese strategie, in collaborazione con i professionisti, le associazioni di volontariato e il Ministero della Salute, per incrementare il numero di nuovi donatori iscritti nel registro italiano; in questo senso è da interpretare il recente decreto ministeriale del 13 novembre 2018 relativo alla stipula di convenzioni tra le regioni e province autonome e le associazioni e federazioni di donatori adulti di cellule staminali emopoietiche.

Tuttavia per alcuni pazienti, nonostante la disponibilità di quasi 35.000.000 di donatori nei registri internazionali, la presenza di particolari caratteristiche genetiche rendono difficile, se non impossibile, identificare un donatore compatibile. È per questo motivo che sono state messe a punto strategie trapiantologiche alternative che prevedono l’utilizzo di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare parzialmente compatibile, che permettono nella quasi totalità dei casi di procedere al trapianto.

Lo scenario della donazione e del trapianto di cellule staminali emopoietiche potrebbe totalmente cambiare grazie all’introduzione di terapie alternative che si basano su manipolazioni genetiche. Tali farmaci innovativi potrebbero cambiare sostanzialmente l’approccio terapeutico di molte patologie e determinare la necessità di nuove strategie e riorganizzazione della rete trapiantologica.

Conclusioni

Dopo più di mezzo secolo dall’inizio dell’attività nel nostro Paese, i trapianti sono diventati una realtà di cura per un grandissimo numero di pazienti, e questi numeri sono destinati a crescere nel futuro. In attesa che nuove alternative terapeutiche possano diventare una realtà, la rete trapiantologica italiana è impegnata a identificare soluzioni che consentano di soddisfare maggiormente il fabbisogno, la sicurezza e i risultati dei trapianti, con una particolare attenzione agli aspetti etici che sono sottesi a questa complessa e multidisciplinare attività.