Le due facce della donazione di organi e tessuti in Italia

Massimo Cardillo

Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Roma.

Pervenuto il 4 marzo 2020.

 

I dati su donazione e trapianto del 2019 ci restituiscono due diverse foto della Rete trapiantologica e del Paese: la prima conferma il costante miglioramento, la seconda dimostra una disponibilità alla donazione che deve essere migliorata.

Il dato più significativo che abbiamo registrato lo scorso anno è l’aumento dei donatori potenziali. Questo dato ci dimostra come l’organizzazione degli ospedali e l’attenzione al tema della donazione di organi e tessuti stiano costantemente crescendo; l’adozione, da parte delle Regioni, di misure coerenti con il Piano nazionale delle donazioni ha certamente inciso, ed i risultati sono stati particolarmente brillanti laddove sono stati rinforzati gli uffici di coordinamento della donazione e sono stati identificati specifici percorsi per il paziente neurocritico, che prevedono anche la possibilità della donazione dopo la morte. Il sistema, quindi, è progressivamente più efficiente nell’identificazione del potenziale donatore. Nel 2019 sono stati 2766 contro i 2664 del 2018, il 3,8% in più.

Il rovescio della medaglia è però l’aumento della percentuale di opposizione al prelievo, passata dal 29,8% dell’anno scorso al 31,2%, e solo parzialmente compensato dall’aumento delle segnalazioni. In totale sono stati 863 i no alla donazione rilevati nelle rianimazioni, in gran parte espressi dai familiari del paziente deceduto. Se pensiamo che nel 2019 ogni singola donazione effettiva ha generato 2,5 trapianti, si può immaginare che l’aumento delle opposizioni dell’1,4% si sia tradotto nel mancato trapianto di ben 122 pazienti. Si conferma purtroppo la grande disomogeneità dei tassi di opposizione delle diverse regioni italiane, con un divario Nord-Sud che permane ancora molto alto, e che va ad impattare sul numero di donatori utilizzati.

A fronte di una media nazionale di 22,8 donatori per milione di popolazione (pmp), infatti, si va dai 49,5 donatori della Toscana agli 8,2 di Campania e Sicilia. Vanno sottolineati i risultati ottenuti dall’Emilia Romagna, che è passata da 25,6 donatori pmp nel 2018 ai 37,1 nel 2019 (+11,5). L’Emilia Romagna ha registrato anche un calo significativo delle opposizioni in rianimazione (-6,3%), preceduta dalla Puglia, passata dal 52,2% al 43,1% (-9,1%). Resta comunque negativo il dato delle Regioni meridionali, che presentano tassi di opposizione superiori di 15-20 punti alla media italiana, con l’apice della Calabria (49,4%, +7,9% rispetto al 2018).

Nonostante tutto questo, nel 2019 sono aumentati anche i trapianti: ne sono stati effettuati 3813 (+2,4%), con una crescita lieve per quelli da donatore deceduto (+1,2%) ma con un incremento percentuale della donazione da vivente mai accaduto in passato; i trapianti da vivente, infatti, sono stati 364, con un aumento pari al 14,5% rispetto all’anno precedente.

L’aumento più consistente di trapianti da donatore vivente è stato quello di rene (+16%), da qualche anno obiettivo strategico per la rete trapianti, mentre le donazioni di fegato da vivente rimangono simili a quelle dello scorso anno. La crescita del trapianto da donatore vivente è certamente incoraggiante, anche se siamo ancora lontani dai risultati che si ottengono in alcuni Paesi del nord Europa. Quest’anno il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ha voluto rilanciare ancora una forte iniziativa nazionale a sostegno del trapianto da vivente, coinvolgendo la Rete dei centri trapianto e delle nefrologie che assistono i pazienti con insufficienza renale terminale. All’aumento dei trapianti di rene da donatore vivente hanno contributo diversi fattori, tra i quali l’estensione di questa possibilità anche ai pazienti che hanno un donatore vivente disponibile ma il trapianto non è fattibile per motivi di incompatibilità immunologica, con il protocollo DEC-K, che è diventato programma nazionale proprio lo scorso anno. Quest’anno hanno incrementato questa attività anche centri trapianto che negli anni scorsi avevano fatto poco, a conferma di una più diffusa attitudine dei centri a proporre questa terapia. Anche il corso di formazione a distanza “Il trapianto di rene da donatore vivente” ha riscosso grande successo, e si è svolto in due edizioni, formando 1638 tra nefrologi, infermieri dei centri trapianto, biologi, tecnici di laboratorio e psicologi.

Rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere, come quello di rendere più agevole e veloce il percorso di valutazione della coppia, che spesso è davvero un percorso ad ostacoli, e di identificare nei centri di trapianto figure dedicate alla gestione del trapianto da vivente. Resta poi cruciale il coinvolgimento, in questo processo, delle nefrologie non sede di trapianto, al fine di rimuovere gli ostacoli anche psicologici che frenano la proposta del trapianto da vivente prima che il paziente inizi il percorso dialitico.

Tra le altre tipologie di trapianto da donatore deceduto, c’è stato un aumento dei trapianti di polmone che, in percentuale, è stato il più consistente: +6,3% e 153 trapianti in totale; a seguire il cuore con un aumento del 5,2% e 245 interventi. Stabili i trapianti di pancreas (42 contro i 41 dell’anno scorso), mentre a tre anni di distanza dall’ultimo è stato effettuato un nuovo trapianto di intestino.

Da segnalare la crescita ulteriore anche per l’attività di prelievo da donatore deceduto “a cuore fermo”: i donatori utilizzati nel 2019 sono stati 64 contro i 47 dell’anno precedente, grazie ai quali sono stati realizzati 155 trapianti (nel 2018 erano stati 100). Si tratta di una crescita quasi esponenziale, con un numero sempre maggiore di ospedali che sono in grado di offrire questa opportunità. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di donazioni “controllate”, che sono il frutto di un’adeguata gestione del percorso di fine del paziente e del coinvolgimento dei familiari del donatore, che vengono accompagnati ed informati su tutto quello che viene fatto per consentire la donazione degli organi del loro congiunto. Al fine di rendere ancora più solida l’applicazione di questa procedura negli ospedali italiani, il CNT ha definito per il 2020 l’istituzione di una “consensus conference” degli esperti della rete trapiantologica, dedicata al tema della donazione di organi a cuore fermo “controllata”, applicando una metodologia di grande rigore scientifico. Il risultato finale sarà la produzione di una linea guida nazionale di riferimento per tutta la Rete, che definirà in modo univoco i principi e le tecniche con le quali questa attività può e deve essere svolta.

Nel 2019 è stata registrata una contrazione, anche se modesta, delle liste d’attesa. I pazienti che attendono un trapianto (dati al 31 dicembre 2019) sono 8615, dei quali la gran parte aspetta un rene (6460, -4,1% rispetto al 31 dicembre 2018). La diminuzione più significativa riguarda la lista del cuore (675 pazienti, -5,1%), mentre si registra un aumento marcato nella lista del fegato (1048 pazienti, +8,5%).

Un dato positivo assoluto è rappresentato dalle donazioni e trapianti di tessuti e di cellule staminali ematopoietiche. Le donazioni di tessuto registrate nel 2019 sono state 13.854 (+2,3%), con un aumento ancora più marcato per le cornee (+4,1%). Di conseguenza, i trapianti sono cresciuti dell’8,1%: 17.801 quelli realizzati lo scorso anno, mai così tanti. L’Italia si conferma ancora tra le prime nazioni europee per questo tipo di attività. Segno positivo anche per quanto riguarda le cellule staminali emopoietiche: crescono sia le donazioni (+23,5%) che i trapianti da donatore non consanguineo (+1,3%), che sono stati 859, il numero più alto mai realizzato in Italia. In totale gli iscritti attivi al registro dei donatori di midollo IBMDR sono saliti a 449.860 (+6,7%) grazie ai 43.138 nuovi ingressi dello scorso anno: dopo l’exploit del 2018 ottenuto grazie alla mobilitazione per il piccolo Alex, gli italiani hanno confermato la loro disponibilità.

In questa cornice di note tendenzialmente positive ci dobbiamo preparare a leggere i numeri dei no che raccogliamo nelle rianimazioni e, soprattutto, al momento della dichiarazione della volontà in vita. Grazie al sistema di registrazione collegato alla carta d’identità elettronica, crescono ancora le dichiarazioni di volontà alla donazione espresse in vita dai cittadini. Nel solo 2019 le dichiarazioni registrate nei 6361 Comuni abilitati al servizio (copertura del 92,5% della popolazione nazionale) sono state 2.404.867, in aumento del 22,9% rispetto all’anno precedente. I consensi sono stati il 67,5%, le opposizioni il 32,5%, con un lieve aumento dei no (+0,2% in confronto al 2018). Sebbene al momento la percentuale di opposizioni in vita sembri bassa, se si pensa alla velocità con cui aumenta il numero delle persone che dichiarano per anno, la prospettiva è che i no in vita aumenteranno sempre di più. Anche il dato delle opposizioni registrate nei Comuni vede una forte differenza tra Nord e Sud: i risultati migliori sono quelli della Provincia Autonoma di Bolzano (solo il 7% di no) e della Valle d’Aosta (18,9%), i peggiori quelli di Sicilia (42,1%), Calabria (40,7%) e Campania (40,3%). Di contro, nel 2019 la percentuale delle opposizioni è aumentata in quasi tutte le Regioni settentrionali (+4,1% di no in Liguria, +3,1% in Emilia Romagna, +2,5% Piemonte, +2,1% in Veneto e Toscana, +1,4% in Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Provincia di Trento) mentre si registrano miglioramenti in quelle meridionali (-3% di no in Campania, -2,6% in Puglia, -2,1% in Calabria, -1,7% in Sicilia). I dati ci dicono, peraltro, che questi no, espressi in vita, sono quasi sempre il frutto di disinformazione, paura, ed in qualche caso scarsa fiducia verso il sistema e le Istituzioni. Questi dati non devono essere trascurati, perché spostano il paradigma del rapporto con i familiari in rianimazione: tra qualche anno uno scenario possibile è che i nostri operatori sanitari, anche se motivati ed ottimamente formati, non avranno più la possibilità di modificare una scelta già fatta, rapportandosi con le famiglie per poter proporre la donazione.

È questo, quindi, il momento di lanciare una grande campagna nazionale per informare i cittadini sulle ragioni della scelta di donare gli organi dopo la morte, e sull’importanza dei trapianti, come unica cura per tanti malati. Solo così potremo offrire davvero ai nostri cittadini la possibilità di una scelta consapevole, come era nello spirito della legge 91/99. Il CNT, da parte sua, ha rinnovato il proprio impegno nella collaborazione con le associazioni dei comuni ed ufficiali di anagrafe (ANCI, ANUSCA) e con il Ministro dell’Interno, per proseguire con le azioni di formazione degli ufficiali di stato civile e di anagrafe, e realizzare iniziative di comunicazione destinate ai cittadini che devono rinnovare la carta di identità.

Questa è la principale sfida da vincere nei prossimi anni, ed il CNT la affronterà con il massimo impegno, confidando nell’aiuto di tutta la Rete e in quello delle Istituzioni.