La valutazione di idoneità del donatore neoplastico:
nuove proposte

Antonia D’errico1, Elisa Albertini1, Massimo Cardillo2, Deborah Malvi1

1. Diagnostica istopatologica degli organi solidi e relativo trapianto, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola, Bologna;

2. Centro Nazionale Trapianti, Roma

Pervenuto il 29 luglio 2019.

La carenza di organi è la più rilevante fra le problematiche poste attualmente in ambito trapiantologico. Le evidenze raccolte nel tempo in letteratura dimostrano che è possibile utilizzare soggetti con storia pregressa o attuale di cancro, se questi sono attentamente selezionati e combinati ai riceventi più appropriati. Tale concetto si riassume nella definizione di “expanding donor criteria” (ECD) in ambito neoplastico. Il razionale alla base dell’utilizzo degli ECD è di non scartare a priori nessun potenziale donatore, ma di trovare un’accettabile corrispondenza con un ricevente, selezionandolo in relazione alle caratteristiche del donatore. Vedendo le cose in quest’ottica, risulta chiaro come ogni coppia donatore-ricevente debba essere valutata singolarmente e come organi inaccettabili per un ricevente possano diventare invece life-saving per un altro.

Background ed evidenze

Le segnalazioni di trasmissione di neoplasia maligna da donatore a ricevente compaiono fin dagli anni ’601. L’immediata attenzione al problema è testimoniata dall’IPITTR (registro internazionale di Penn, in origine fondato da Israel Penn come Denver Transplant Tumor Registry e poi Cincinnati TTR), il primo registro internazionale che focalizza il binomio trasmissione tumori-trapianto2. Dal 1967 tale registro ha raccolto dati su più di 15.000 tumori correlati a trapianto, sia negli Stati Uniti che a livello internazionale. A oggi tale registro rimane di fondamentale importanza, ma i dati in esso contenuti non vengono utilizzati al fine di una stima del rischio di trasmissione poiché manca il denominatore di popolazione e perché le segnalazioni a tale registro sono su base volontaria. Ne risultano tassi di trasmissione e mortalità molto più elevati che in qualunque altro report internazionale.

In Europa le prime raccomandazioni per evitare il fenomeno di trasmissione risalgono al 1997 e scaturiscono dalle pubblicazioni di numerosi case reports di trasmissione neoplastica spesso con evidenza di una non accurata selezione dei donatori. Negli anni 2000 compaiono lavori italiani e spagnoli che ribadiscono la necessità di una accurata selezione e la necessità di definire i profili di rischio per ogni singolo donatore3,4.

Poco successivamente l’UNOS, uno degli organi statunitensi preposti alla rete dei trapianti, pubblica il primo report riguardo ai donatori con storia di tumore5, individuati nella coorte di tutti i donatori cadavere del biennio ’94-’96: non si riporta alcun caso di trasmissione nei riceventi di organi da donatori con anamnesi positiva per tumore (1,7% dei donatori totali). Il report statunitense successivo, nel 2002, è ad opera dell’OPTN e riporta tutti i tumori maligni correlati al donatore notificati all’OPTN fra il ’94 e i primi giorni del 20016. Il report calcola un tasso di tumori correlati al donatore dello 0,04% e un tasso di trasmissione di tumore dello 0,02%.

Nello stesso anno viene pubblicata l’interessante analisi danese7 sull’intera popolazione dei donatori fra il ’69 e il ’96. Lo studio quantifica un rischio dell’1,3% di avere un donatore con tumore maligno non riscontrato e un rischio dello 0,2% di trasmissione di tumore con il trapianto. Anche questi autori sottolineano che questo rischio è innegabilmente presente, tuttavia molto basso se si confronta con i benefici del trapianto.

Nel 2008 vengono pubblicati i risultati del registro che l’ONT spagnolo ha istituito nel 1990, comprendente tutti i donatori con tumore maligno8. Sono analizzati i donatori fra il 1990 e il 2006. La diagnosi di tumore nei donatori con cancro (117 su 20.016) è sempre stata fatta successivamente al prelievo degli organi. Gli autori sottolineano le differenze statisticamente significative fra il pool dei donatori con cancro e il pool dei donatori senza cancro: l’età media dei primi è superiore a quella dei secondi (a conferma di quanto riscontrato in altre casistiche).

Dei 155 riceventi organi dai 117 donatori con cancro, si conosce il follow-up di 100 (65%): tra questi 10 riceventi hanno sviluppato un tumore correlato al donatore, per cui gli autori concludono che solo nel 10% di riceventi da donatori con tumore si verifica l’effettiva trasmissione del cancro. Il tasso di trasmissione è di 6 su 10.000, considerando la totalità dei riceventi (0,06%).

La prima statistica proveniente dal Regno Unito è stata invece pubblicata nel 20129 e riporta l’analisi del totale dei trapianti tra gennaio 2001 e dicembre 2010. Su 30.765 riceventi, solo 15 (lo 0,05%) hanno sviluppato un tumore trasmesso da donatore, in nessuno di questi era nota la presenza di cancro al momento della donazione. Inoltre, questi stessi donatori hanno donato organi ad altri 19 riceventi, senza che nessuno di questi abbia poi manifestato l’insorgenza di tumore. Tre dei 15 riceventi che hanno sviluppato tumore trasmesso da donatore sono morti. Lo studio stima il tasso di trasmissione di tumore per donatore dello 0,09%, per organo trapiantato dello 0,06%. Lo studio è interessante anche per altri due osservazioni: la mortalità per tumori trasmessi con il trapianto (3 morti in una decina di anni) è estremamente bassa in confronto alla mortalità in lista d’attesa (4093 deceduti in waiting list), inoltre, l’analisi dei fattori correlati con la probabilità di trasmissione tumorale dimostra che solo l’età >45 anni sia correlata in maniera statisticamente significativa a un aumentato rischio, confermando l’età avanzata come singola variabile più importante nell’inquadramento del donatore neoplastico.

Nel 2011 Nalesnik10 definisce sei categorie di rischio, in base alla frequenza di trasmissione stimata (numero di trasmissioni/numero di trapianti da donatore con specifico tumore), crescenti per rischio di trasmissione; in ciascuna categoria di rischio sono state inserite diverse entità tumorali, andando così a definire tumori ad alto rischio di trasmissione (che portano alla dismissione del potenziale donatore), tumori a basso e intermedio rischio di trasmissione (che non portano ad esclusione del donatore, ma ad attento bilancio rischio-beneficio del trapianto). La valutazione del rischio di trasmissione è stata calcolata su un marker surrogato: in assenza di dati specifici, è stato considerata la “guarigione” (o “recurrence-free survival”, cioè la sopravvivenza libera da malattia). Quei donatori il cui cancro è stato trattato almeno 5 anni prima e che hanno una probabilità di guarigione >99% sono considerati a basso rischio di trasmissione tumorale, coloro con una probabilità di guarigione fra 90 e 99% sono considerati a rischio intermedio e, infine, i donatori con storia di cancro “incurabile” o follow-up insufficiente o probabilità di guarigione <90% sono considerati ad alto rischio di trasmissione neoplastica. Gli autori ribadiscono come non siano disponibili alti livelli di evidenza per stabilire la reale frequenza di trasmissione delle varie tipologie di tumore e chiariscono che la loro categorizzazione vuole essere uno spunto, una base per considerazioni cliniche da declinare di volta in volta, in ciascuna coppia donatore-ricevente.

Le linee guida europee pubblicate nel 2018 rappresentano un valido modello di definizione del rischio basandosi sull’esperienza internazionale (tabella)11.

Prospettive future

I dati riportati mettono in evidenza come la comunità scientifica internazionale stia cercando di definire profili di rischio specifici per il donatore neoplastico, basati sulla storia clinica del paziente e sulla obiettività dei dati clinici e radiologici valutati durante il processo donativo. In genere i donatori neoplastici vengono suddivisi in donatori con storia pregressa di neoplasia e donatori con neoplasia accertata al momento della donazione. La maggior parte delle linee guida internazionali, compresa quella italiana, pone il donatore con neoplasia maligna in atto al momento della donazione come a rischio inaccettabile, eccettuato alcune neoplasie che rientrano nel rischio trascurabile così come neoplasie del sistema nervoso centrale, compreso anche alcune forme ad alto grado senza fattori di rischio.

Nell’ambito dei donatori con storia pregressa di cancro appare quanto mai necessario definire profili di rischio differenziati basandosi su evidenze della letteratura. A tale fine l’VIII edizione del Cancer Staging Manual suggerisce per la maggior parte dei tumori il concetto di gruppo prognostico che si basa sulla stadiazione clinica e sulla stadiazione patologica, di ogni singolo tumore oltre che, in alcuni casi, anche sulle opzioni terapeutiche standard adottate.

Una ipotesi che avrebbe un risvolto pratico estremamente utile nell’ambito dell’utilizzo di donatori con storia pregressa di carcinoma sarebbe quella di definire per specifici gruppi di tumori una percentuale di rischio di progressione in base alla stadiazione patologica, al follow-up del donatore e al tempo intercorso tra la rimozione della neoplasia segnalata ed il momento della donazione. Tale approccio potrebbe essere anche utilizzato in modo proficuo per quei donatori che presentano neoplasie invasive al momento del decesso, diverse da quelle già classificate come a rischio trascurabile, ma che potrebbero per tipo e stadio non essere a priori definite come inaccettabili per una certa tipologia di riceventi.

La possibilità di potere definire dei profili di rischio specifici per gruppi di tumori prevede la disponibilità di una anamnesi e di dati clinici e patologici estremamente accurati, il che presuppone un sistema di rete trapiantologica impostata su criteri di accuratezza e precisione per i dati pregressi e la possibilità di potere usufruire di metodologie standardizzate tra i vari laboratori di anatomia patologica che si occupano della valutazione di idoneità dei donatori.







Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Martin DC, Rubini M, Rosen VJ. Cadaveric renal homotransplantation with inadvertent transplantation of carcinoma. JAMA 1965; 192: 752-4.

2. Israel Penn International Transplant Tumor Registry [Internet]. [Citato 3 giugno 2019]. Available at: https://ipittr.uc.edu/about

3. Fiorentino M, D’Errico A, Corti B, et al. A multiorgan donor cancer screening protocol: the Italian Emilia-Romagna region experience: Transplantation 2003; 76: 1695-9.

4. Fernández Lucas M, Matesanz R. Standardization of organ donation criteria to prevent neoplastic disease transmission. Nefrol Publicacion Of Soc Espanola Nefrol 2001; 21 (Suppl 4): 91-6.

5. Kauffman HM, McBride MA, Delmonico FL. First report of the united network for organ sharing transplant tumor registry: donor with a history of cancer. Transplantation 2000; 70: 1747-51.

6. Myron Kauffman H, McBride MA, Cherikh WS, Spain PC, Marks WH, Roza AM. Transplant tumor registry: donor related malignancies: Transplantation 2002; 74: 358-62.

7. Birkeland SA, Storm HH. Risk for tumor and other disease transmission by transplantation: a population-based study of unrecognized malignancies and other diseases in organ donors. Transplantation 2002; 74: 1409-13.

8. Garrido G, Matesanz R. The Spanish National Transplant Organization (ONT) Tumor Registry. Transplantation 2008; 85 (Suppl): S61-3.

9. Desai R, Collett D, Watson CJ, Johnson P, Evans T, Neuberger J. Cancer transmission from organ donors. Unavoidable but low risk. Transplant 2012; 94: 1200-7.

10. Nalesnik MA, Woodle ES, Dimaio JM, et al. Donor-transmitted malignancies in organ transplantation: assessment of clinical risk. Am J Transplant 2011; 11: 1140-7.

11. EDQM, Council of Europe. Guide to quality and safety of organs for transplantation. 7th Edition. 2018.