I Poster

Strategie comunicative finalizzate alla promozione della cultura della donazione degli organi e tessuti a scopo di trapianto

Anfosso R1, Macrina E2, Mancini P3, Procopio P4, Raiola G5, Scarpino A6

1.Servizio Promozione della Salute ASP, Catanzaro; 2. Referente Formazione CRT Calabria, Catanzaro; 3. Direttore CRT Calabria, Reggio Calabria; 4. Regista Teatrale, Catanzaro; 5. Pediatra, Presidente Lions Club Catanzaro Host, Catanzaro; 6. Presidente Aido Catanzaro

Introduzione. La percentuale di donazioni colloca la Regione Calabria agli ultimi posti tra le regioni italiane; di contro la percentuale di opposizioni la pone ai primi posti in classifica. È necessario, pertanto, abbattere la disinformazione e stimolare una riflessione profonda sul senso di solidarietà. Scopo. Promuovere la cultura della donazione attraverso una capillare informazione ed una scrupolosa sensibilizzazione della popolazione. Materiali e metodi/Risultati. Periodo di riferimento: 2018-2019. Attività sul territorio: sono stati attivati corsi multidisciplinari nelle scuole secondarie superiori, nelle parrocchie e negli enti pubblici. È stata analizzata la tematica “donazione” dal punto di vista scientifico, psicologico, etico, ecc. alla presenza di esperti e di testimonial, con l’ausilio di slide e video. Si chiede alla popolazione un cambiamento che passi attraverso un atto di responsabilizzazione individuale, per cui si è pensato a qualcosa che facesse vibrare le note dell’emotività, facendo leva sui sentimenti e generando emozioni capaci di motivare le persone. In tal senso la più efficace strategia comunicativa è stata l’opera teatrale: una commedia in vernacolo dal titolo “Quel cuore che ti amava tanto” che tra il serio e il faceto pone l’accento su un gesto di grande amore: la donazione di un cuore che salva una vita. Il messaggio è arrivato dritto al cuore delle persone che alla fine, numerose, hanno firmato la dichiarazione di consenso. Lavoro di equipe e lavoro di rete sono state le componenti essenziali ed indispensabili per la realizzazione di tutte le attività sul territorio. Conclusioni. Acquisizione di 220 dichiarazioni di volontà. Richiesta di rappresentare la commedia in altri teatri.

La lista al tempo dell’ISOSCORE

Balducci G, Del Duca L A, Bernabò Brea C, Perrone F, Trogolo P

Transplant Nurse Coordinator (TNC), Centro Trapianto Fegato, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino

Introduzione. I principi cardine per una Lista Attesa Trapianto (LAT) “fegato” che possano dare equità e opportunità a tutti i pazienti che la compongono sono stati racchiusi nell’algoritmo che sta alla base dell’ISOSCORE2.0. Le variabili che portano ad una stratificazione dei pazienti, tale da rendere possibile l’applicazione di questi principi, sono richiamate nel foglio di calcolo fornito dal Centro Nazionale Trapianti (CNT). È stato necessario, attraverso la creazione di un software, tradurre questo in una lista, osservando le disposizioni del CNT e rendendo fruibili i dati clinici dei pazienti che entrano in LAT, per produrre il calcolo dell’ISOSCORE2.0 di ogni singolo paziente, tenendo conto delle variabili che lo contraddistinguono. La corretta stratificazione dei pazienti viene fatta anche dalle specifiche delle urgenze nazionali e di quelle di macroarea. Metodologia. Per tutti i pazienti che entrano in LAT viene fatta un’analisi valutando le variabili dell’ISOSCORE2.0. Ogni passaggio in ambulatorio dei pazienti in LAT comporta una revisione delle variabili, come anche per tutti i pazienti in lista ricoverati. Le variabili sono: Super urgenza SI/NO. Bilirubina, Creatinina, INR, AFP, Na. Mesi di anzianità. Presenza eccezione al Meld SI/NO. Presenza di HCC SI/NO e ristadiazioni. Risultati. Tutti i pazienti già presenti in LAT prima dell’introduzione del nuovo metodo, sono stati rivalutati e stratificati secondo l’ISOSCORE2.0. Ogni nuovo ingresso in LAT viene stadiato secondo le indicazioni del ISOSCORE2.0. I pazienti che sono in follow-up in LAT sono monitorati per l’aggiornamento dell’ISOSCORE2.0. Vengono individuati rapidamente i pazienti che necessitano di richiesta di urgenze di macroarea per i NaMeld ≥29. Da luglio a settembre 2019 gli inserimenti in LAT sono stati 28 e 250 controlli di ISOSCORE tra pazienti ambulatoriali e ricoverati, i trapianti sono stati 35, di cui 2 urgenze nazionali, 7 urgenze di macroarea, 6 stratum 1, 1 stratum 2, 4 stratum 3, 0 priorità P1, 6 priorità P2, 4 priorità P3, 1 priorità P4 e 2 priorità P0, oltre a 4 trapianti pediatrici. Conclusioni. Razionalizzare l’uso della risorsa (fegati) è il primo obiettivo del nuovo modo di gestire la LAT con il calcolo dell’ISOSCORE2.0. La scelta del ricevente durante il match con il donatore diventa più semplice, rapida e appropriata. I pazienti più gravi hanno più opportunità, senza toglierle ai restanti pazienti in LAT.

Rivascolarizzazione coronarica mediante angioplastica semplice pre-trapianto di fegato

Biolato M, Sestito L, Marrone g, Fianchi F, Sollazzi L, Crea F, Agnes S, Grieco A

Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma

Background. In pazienti affetti da aterosclerosi coronarica critica è controindicato eseguire interventi di chirurgia maggiore senza prima procedere a rivascolarizzazione. Caso clinico. Uomo di 60 anni, affetto da cirrosi epatica ad eziologia mista (HBV + NAFLD) in fase di scompenso (Child C12, MELD 32) complicata da ascite intrattabile e varici esofagee in profilassi primaria. Giunge al ricovero per incremento dei livelli di creatinina (>2 mg/dl) compatibili con sindrome epato-renale tipo 1. In anamnesi Diabete Mellito tipo II e aterosclerosi coronarica diffusa con stenosi significative di IVA media (80%) e PL di Cx (80%). Per consentire l’inserimento in lista per trapianto di fegato è stata posta indicazione multidisciplinare ad angioplastica con stenting di IVA, per cui è stata preventivamente intrapresa doppia antiaggregazione con acido acetilsalicilico e clopidogrel. Dopo circa 24 ore la terapia è stata sospesa per l’insorgenza di epistassi, sanguinamento emorroidario, ematomi cutanei e anemizzazione. Il caso è stato ulteriormente discusso in sede collegiale, con indicazione a Plain Old Balloon Angioplasty (POBA). Il paziente è stato sottoposto a POBA su IVA, senza complicanze e con beneficio in termini di miglioramento della frazione di eiezione (dal 64% al 70%). Il paziente è stato listato in urgenza e trapiantato a 19 giorni dalla rivascolarizzazione. L’intervento non ha presentato significative complicanze e il paziente è stato dimesso a 20 giorni dal trapianto, con il programma di sottoporsi a una nuova angioplastica con stenting a circa 3 mesi. Conclusioni. L’angioplastica semplice, tecnica oggi soppiantata dalla più definitiva angioplastica con stenting, può essere considerata una valida alternativa come trattamento “bridge” al trapianto di fegato in pazienti con controindicazione alla terapia antiaggregante.

Organizzazione di ECMO team esterno per la realizzazione di donazione a cuore fermo controllata (cDCD) in strutture senza tecnologia ECMO

Bottazzi A1,2, Zanierato M1,2, Vaninetti A1, Olati MC1, Rodigari L1, Pellegrini C3, Degani A3, Destefani C3, Abelli M4, Ticozzelli E4, Figini MA5, Casazza A6, Iotti GA1,2

1. Centro Coordinamento Donazioni e Trapianti (CCDT), 2. Anestesia e Rianimazione 1, 3. Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; 4. Centro Trapianti di Rene, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino; 5. CLP - Ospedale San Paolo, Milano; 6. CLP - Ospedale Civile, Vigevano, Pavia

Introduzione. La perfusione regionale normotermica (NRP) è mandatoria, nel contesto italiano, anche nella donazione a cuore fermo controllata (controlled donation after cardiac death, cDCD) per il prolungato tempo ischemico (warm ischemia time, WIT) legato al no-touch period di 20 minuti. La realizzazione di un programma di donazione a cuore fermo può divenire difficoltosa per ospedali che non dispongono della tecnologia ECMO (extra-corporeal membrane oxygenation). Scopo. Descrivere l’esperienza di un Centro ECMO-Hub (IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia) nella realizzazione di un ECMO-team di supporto ad ospedali con programma di desistenza terapeutica (linee-guida SIAARTI) ma privi di tecnologia ECMO (Ospedali San Paolo di Milano e Civile di Vigevano). Materiali e metodi. Da agosto 2018 a ottobre 2019, sono state realizzate 4 procedure di supporto per 4 processi di cDCD. L’ECMO-team di Pavia era costituito da: coordinatore locale, infermiere coordinatore, cardiochirurgo, perfusionista. Il tempo necessario per l’intero processo, comprensivo di preparazione materiale, assistenza alla procedura di perfusione in situ e prelievo è stato in media di 10 ore. Il costo per procedura è stato di 4000 euro a procedura (materiale consumato). In totale prelevati per le perfusion-machine 3 fegati (3 trapiantati), 6 reni (4 trapiantati), 2 polmoni (2 trapiantati). In NRP si è sempre osservata diminuzione di lattati, transaminasi e kaliemia; in 2 casi flusso urinario mantenuto in NRP. Conclusioni. Un ECMO-team esterno in supporto all’attività di prelievo di organi in cDCD, da parte di un centro ECMO Hub, è possibile, di successo, e porta ad aumentare il procurement di organi.

Favorire uno sguardo d’insieme: un ponte tra diversi ambiti della rete

Brazzali F1, Pilati L2

1. Coordinatore infermieristico, 2. Coordinatore del coordinamento attività di trapianto e donazione organi e tessuti, APSS, Trento

Introduzione. Le equipe di terapia intensiva che sono attive nella fase di procurement, specialmente nelle realtà dove mancano i centri trapianto, hanno difficoltà a conoscere ciò che succede dopo e a vedere quali sono gli effetti che un trapianto, reso possibile dal proprio lavoro, può dare. Esiste la possibilità che alcuni operatori non si sentano parte di una rete e di una squadra che valica il proprio ambiente e che si fatichi a capire il senso del proprio operare.

Scopo. Aiutare gli operatori di terapia intensiva a sentirsi parte di un più vasto e importante sistema ed a elaborare la propria esperienza in un’ottica più ampia. Modalità. Sono stati coinvolti 15 infermieri di terapia intensiva che costituiscono il gruppo che collabora alle attività di procurement presso l’ospedale S. Chiara di Trento. È stato identificato un percorso composto da A) uno stage osservativo presso gli ambulatori trapianto di rene e di fegato dell’ospedale S. Chiara e da B) una condivisione dell’esperienza e accompagnamento nella ricerca del significato del proprio agire alla luce della nuova esperienza, mediante incontri di gruppo.

A. STAGE: grazie all’accompagnamento di personale preparato e attento, gli infermieri hanno potuto osservare e riflettere sulle seguenti attività:

• il paziente pre-trapianto: consigli, indicazioni, strategie per procrastinare il trapianto o giungervi nelle migliori condizioni possibili;

• la lista d’attesa: chi la redige, quali le condizioni e i criteri per esservi iscritti;

• strategie per lo sviluppo della compliance e per l’educazione al paziente pre e post trapianto;

• follow-up e controlli periodici: quali criteri, come, quando;

• la collaborazione con i centri trapianto di riferimento;

• l’impatto che il trapianto può avere sul paziente;

• recuperare ritorni positivi da parte dei trapiantati, dalla grave malattia alla ripresa della salute e della vita attiva;

• il delicato tema dell’impossibilità ad essere inserito in lista e la sospensione dalla lista di alcuni pazienti.

B. CONFRONTO E RIELABORAZIONE: grazie a domande mirate, in primo luogo è stata condivisa l’esperienza vissuta presso gli ambulatori trapianti. In seguito, con l’utilizzo di domande che cercavano di indagare il ritorno che può aver avuto tale esperienza, sono emersi diversi aspetti che sono stati accorpati per gruppo di significato con l’identificazione di alcune aree di categoria:

• atteggiamenti concreti

• attenzione a chi aspetta: ricevente e famiglia

• emozioni

• gratificazione del lavoro

• la donazione è una parte delle attività delle rianimazioni

• maggiore consapevolezza nell’organizzazione

• pensiero sul dopo

• senso del dono

• valore di ogni organo

• visione sul ricevente.

Infine l’attenzione dei partecipanti è stata indirizzata verso possibili attenzioni o preoccupazioni modificabili durante le fasi di osservazione e prelievo degli organi, con ricadute concrete nella propria attività lavorativa.

In aggiunta a tale percorso, gli stessi infermieri sono stati coinvolti in una visita formativa presso la sede operativa del NITp a Milano: hanno potuto vedere il percorso delle provette che vengono inviate con il sangue per la tipizzazione, osservare le varie e complesse attività che gli operatori del NITp sono tenuti a svolgere in una giornata tipo con un accertamento in corso; hanno conosciuto di persona alcune persone con le quali può capitare di relazionarsi nel caso di una segnalazione per potenziale donatore. Tutto ciò ha permesso di dare uno sguardo su ciò che succede all’esterno del proprio reparto o ospedale, per comprendere che, anche se non si possono vedere direttamente gli effetti di un trapianto, tutti gli operatori che sono coinvolti nella donazione fanno realmente parte di un’ampia Rete con obiettivi e valori comuni, che lavora insieme nello stesso momento. Conclusioni. I partecipanti hanno prodotto degli elaborati che sono stati d’aiuto per focalizzare l’attenzione sull’esperienza e soprattutto sul significato del proprio agire in terapia intensiva, nonché sulla possibilità di modificare alcuni atteggiamenti concreti o convinzioni.

Progetto toscano per attività motoria in pazienti con patologia renale in dialisi e con trapianto

Capitanini A, Rosati A, Tanini M, Pacini A

SOC Nefrologia, Ospedale San Jacopo di Pistoia AUSL Toscana Centro; SOS Donazione e Trapianti, AUSL Toscana Centro, Firenze.

Introduzione. I benefici dell’attività motoria nei pazienti affetti da patologia renale sono validati da evidenze scientifiche e sottolineati dalle linee guida KDOQI. Purtroppo l’implementazione di questi programmi, soprattutto in fase emodialitica, è molto difficoltosa sia per barriere cliniche sia soprattutto organizzative. Scopo. Dopo i risultati positivi di uno studio pilota condotto in un singolo centro dialisi in cui veniva messo a regime un sistema di attività motoria puntando sulla creazione di un team multidisciplinare abbiamo esteso il sistema organizzativo a tutti i centri dialisi del nostro dipartimento di nefrologia. Materiali e metodi. 11 centri di nefrologia e dialisi della USL Toscana Centro hanno partecipato al progetto con un totale di 240 infermieri, 48 nefrologi, 11 fisioterapisti, 2 fisiatri che sono stati formati nel periodo settembre-dicembre 2018. Sono stati arruolati 1408 pazienti: 920 in emodialisi, 126 in dialisi peritoneale, 363 portatori di trapianto. 12% (130 pazienti) dei pazienti in dialisi sono in lista di attesa per trapianto renale. Prima fase dello studio è stata la valutazione funzionale dei pazienti mediante test somministrati dagli infermieri (SF12, Elderly falls screening test, SPPP, FPM). Le valutazioni hanno permesso di stratificare la popolazione studiata in tre gruppi con livello funzionale simile. I programmi di riabilitazione prevedono un’attività di base intradialitica uguale per tutti con programmi extradialitici personalizzati individuati in base al livello funzionale. Conclusioni. Un sistema semplice, multidisciplinare e multi professionale con figura centrale rappresentata dall’infermiere della dialisi ha permesso di implementare un programma di attività motoria in dialisi superando numerose barriere, spesso di tipo organizzativo. Il team può essere la chiave di volta per proporre programmi di attività motoria nel paziente affetto da patologia renale.

Le cellule staminali ematopoietiche: l’impatto della formazione sulla conoscenza e sull’attitudine alla donazione

Cerutti B1, Guidone M1, Derossi AM1, Peluso M2, Potenza R2

1. Università Cattolica del Sacro Cuore, Presidio Sanitario Ospedale Cottolengo di Torino; 2. Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti, Piemonte e Valle d’Aosta

Introduzione. Un basso livello di conoscenza del processo di donazione e trapianto delle CSE (cellule staminali ematopoietiche) influisce negativamente sulla decisione di donare. Tale condizione, talora associata ad una carente conoscenza, caratterizza anche la popolazione dei professionisti sanitari. Scopo. Valutare l’impatto di un evento formativo in tema di donazione di CSE rivolto a studenti Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “Gemelli” di Roma – Presidio Sanitario Ospedale Cottolengo di Torino. Materiali e metodi. Attraverso un questionario, suddiviso in 4 ambiti (socio-demografico, sensibilità ed attitudine, conoscenza soggettiva e conoscenza oggettiva), è stato condotto uno studio quali-quantitativo pre- e post-intervento formativo su 122 studenti. L’incontro formativo, della durata di due ore, è stato tenuto dai volontari dell’ADMO. I dati raccolti sono stati elaborati mediante il programma SPSS for Windows – release 19.2010. I test sono stati considerati statisticamente significativi con un p<0,05. Risultati. È stato osservato un aumento degli studenti disposti a diventare donatori di CSM e di coloro che si sono iscritti al registro, senza però raggiungere una differenza statisticamente significativa; per contro vi è stato un netto aumento degli studenti che hanno affrontato il tema in famiglia (p 0.033). Sia la conoscenza soggettiva che quella oggettiva sono migliorate in modo statisticamente significativo con effetto duraturo nel tempo. La consapevolezza di una migliore conoscenza acquisita dopo l’incontro corrisponde ad un tasso di risposte di conoscenza oggettiva corrette che oscilla tra il 60 e il 95%. Conclusioni. Con questo studio si è potuto osservare come un intervento formativo, durante il Corso di Laurea in Infermieristica, possa modificare la sensibilità e l’attitudine alla donazione di CSE ma, soprattutto, la conoscenza. Inoltre si è evidenziato come le informazioni acquisite permangano anche a distanza di tempo.

La significatività del legame affettivo nella donazione di rene da vivente

Cottone PM

A.R.N.A.S. “Civico - Di Cristina - Benfratelli”- U.O.C. CRT Sicilia; Psicologa, Psicoterapeuta, Componente di Commissione di Parte Terza, Palermo

Introduzione. In Italia può accedere alla donazione di rene da vivente come donatore chi abbia con il ricevente l’organo un legame affettivo significativo, valutate le idoneità dell’uno e l’indicazione al trapianto dell’altro e le modalità attraverso cui tale donazione-trapianto si possa realizzare. La Commissione di Parte Terza, istituita con il D.M. 16 aprile 2010 n. 116 con intento protettivo della dignità e della personalità del potenziale donatore vivente perché non metta in pericolo la sua salute nel donare il proprio organo al potenziale ricevente, tra le altre funzioni ha come oggetto di indagine la valutazione di qualità, di significatività del legame affettivo presentato dalle persone coinvolte in tale processo, andando anche oltre la presenza di consanguineità fra loro. Si ritiene infatti che la buona qualità del legame interno alla coppia donatore-ricevente riduca l’emersione di fattori di rischio aggiuntivo di carattere psicologico individuale e/o relazionale alla donazione e al trapianto – condizioni che andranno comunque monitorate e, all’eventuale diagnosi di stati di disagio, prevedere una presa in carico terapeutica o, in caso di evidente stato di sofferenza rilevabile in fase di valutazione pre-donativa, suggerire una sospensione o una controindicazione. Appare opportuno specificare come la buona qualità del legame di attaccamento fra donatore e ricevente, in tali situazioni che riguardano adulti, sia considerata, da un punto di vista psicologico, non strettamente in relazione al criterio classico di desiderio di mantenimento della vicinanza o del contatto con l’altra persona, ma come nelle stesse situazioni tendiamo alla ricerca in tali diadi di condizioni che denotino la persistenza e la stabilità del legame stesso, il senso di sicurezza, conforto, fiducia e protezione che le persone coinvolte evidentemente possono sentire e trarne, e l’attribuzione di significatività emozionale che quella specifica relazione riveste per ciascuno di loro, con possibile ulteriore riconoscimento al donatore di uno stile affettivo affine a quello che si rileva in un caregiver, pregnante nella teoria dell’attaccamento. Tale prospettiva pone in considerazione come il potenziale donatore scelga sulla base delle informazioni ricevute, consapevolmente e liberamente di offrire il proprio organo perché capace di porsi empaticamente verso la persona ricevente comprendendo quanto costei ne necessiti per una evoluzione del proprio stato di salute e benessere. Nel far questo, comunque, è opportuno considerare come questo stesso donatore – nel rispettare massimamente i bisogni del ricevente – conosca e abbia rispettato allo stesso tempo i propri bisogni, potendo scartare l’ipotesi che la donazione avvenga in ragione di una coercizione, di una pressione, o sia espressione o di un atto vissuto implicitamente come sacrificale o come espressione di ambivalenze e/o ambiguità. Materiali e metodi. Questo lavoro ha considerato con un’ottica di lavoro clinico i modelli operativi interni di ciascuna persona coinvolta nel processo donativo-trapiantologico. Questi sono rappresentazioni mentali che ogni individuo costruisce nell’interazione con le proprie figure di riferimento e l’ambiente circostante. Si riferiscono alle percezioni di sé e delle proprie figure di accudimento, rappresentano di fatto i modelli di sé-con-l’altro. Definiscono sul piano rappresentazionale i diversi stili di attaccamento. Condizioni queste che nelle valutazioni di Commissione di Parte Terza poniamo in massima attenzione in relazione alla persona del donatore, sia quando esso sia un consanguineo, un coniuge o meno frequentemente una persona in ogni caso affettivamente legata al potenziale ricevente e non rientrante nelle precedenti due categorie, o sia esso un estraneo, come può essere un donatore samaritano.

Si è scelto di far riferimento per gli studi di cui sopra a tre diverse condizioni oggetto di valutazione della Commissione di Parte Terza del CRT Sicilia, adesso interno all’A.R.N.A.S. “Civico - Di Cristina – Benfratelli” di Palermo di cui la scrivente è la componente psicologa; analisi inerenti le coppie composte da: - una donna di 69 anni al momento della donazione, e della sua ricevente, di anni 47, sua nuora da 22 anni; - un uomo di 52 al momento della donazione, e del suo ricevente, pressappoco di pari età, entrambi amici d’infanzia e compagni di scuola primaria; - un uomo di 47 anni al momento della valutazione, e della sua potenziale ricevente, di anni 20, figlia della compagna di questi, conviventi dalla seconda infanzia di costei e fino al suo trasferimento in città dalla località sita in provincia di Palermo per addotti motivi di studio. Lo studio di ciascuna di queste relazioni sviluppate entro queste diadi, portato avanti nei colloqui clinici in cui si è dato largo spazio all’ascolto, all’osservazione e alla sollecitazione alla conversazione su temi sensibili, ha permesso di rilevare come, nel primo caso, le due donne, nell’evoluzione della loro personale relazione, abbiano sviluppato reciprocamente confidenza e intimità e nello stesso tempo abbiano tenuto conto delle condizioni delle loro vite autonome, in una dinamica rispettosa dei ruoli e degli ambiti di relazione di ciascuna. La donatrice, nello specifico, a conoscenza dello stato di salute della nuora, in tale presa di decisione si muove d’iniziativa in suo favore chiedendo informazioni e un accertamento del suo stato sanitario in relazione allo scopo, al personale del Centro Trapianto, valutandone la fattibilità senza dargliene prima informazione e, acquisitone lo “sta bene”, ne parla con la ricevente perché la stessa valuti e consideri di potere tornare in tal modo alla sua condizione di benessere, e nella vita quotidiana tornare ad una serena e attiva routine in vicinanza dei figli e del marito, ciò considerato che motivo ulteriore di sofferenza per la donna era il sentirsi alienata nelle sue normali attività anche nella sua funzione di accudimento dei primi e di presenza chiaramente interattiva e paritaria per il secondo, e negli spostamenti anche verso altre località presso cui abitano i genitori di lei. Atteggiamenti simili sono stati rilevati anche nella seconda condizione, relativa alla capacità emersa del donatore di porsi nella prospettiva dell’altro, con cui non aveva in età adulta una costanza di interazioni, ma di cui comprendeva le limitazioni e la sofferenza derivanti dallo stato fisico, e in ragione e in favore del quale sceglie di donare un proprio rene, esprimendo in tal modo sensibilità verso i vissuti del ricevente, amicizia gratuita, rispetto e stima perché questi riprenda i propri ritmi personali e relazionali negli ambiti di vita che adesso costoro diversamente frequentano. Nella terza situazione invece sono emerse allo studio della Commissione di Parte Terza difficoltà di fatto legate ad una certa incostanza da parte di ciascuno gli interessati nel mantenere gli impegni del percorso valutativo, e al contempo sono state rilevate da parte nostra narrazioni di sé e delle loro storie familiari incomplete, con riferimenti ad eventi interruttivi ripetuti nel tempo e vissuti rilevati come incongrui e ambivalenti per ciascuno di loro. In merito la Commissione ha scelto di non rilasciare una valutazione e la donazione-trapianto non è stata portata a termine. Conclusioni. Le prime due condizioni sembrano lasciare emergere legami di attaccamento sicuri sia fra le donne che fra i due uomini, per quanto la prima identificabile come una relazione asimmetrica simile a quella genitore-figlio, mentre la seconda si sia manifestata entro un rapporto fra pari che reciprocamente si riconoscono e continuano l’investimento emotivo-affettivo verso l’altra persona e nel legame. La terza condizione sembra segnare invece, nella discontinuità e nel disimpegno che li hanno caratterizzati, stili di attaccamento evitanti e quindi insicuri anche quando uno dei due interessati ha mostrato di sé una apparente freddezza emotiva tradottasi nel tempo in una inadeguata affidabilità nell’avere cura di sé. Queste considerazioni consentono di rilevare come sia rilevante ed efficace procedere in sede di valutazione di Commissione di Parte Terza con un’osservazione, un ascolto empatico di ciascun componente la coppia e in un percorso che includa la prassi clinica alla somministrazione e valutazione di strumenti psicometrici, al fine di potere meglio lasciare emergere vissuti personali e relazionali e quindi meglio valutare le qualità del legame intercorrente fra il potenziale donatore e il potenziale ricevente.

A preliminary experience with normothermic regional perfusion and apheresis in controlled donation after circulatory death

Dallai C1, Baroni S2, Marudi A2, Bertellini E2

1. Università di Modena e Reggio Emilia; 2. Dipartimento di Anestesia e Terapia intensiva, Ospedale Civile, Policlinico di Modena

Introduction and aim. A strategy to reduce the complications related to the ischemic time in cDCD transplantation is the use of Normothermic Regional Perfusion (NRP) with extracorporeal membranous oxygenation (ECMO). We compare the use of standard NRP with an effective adsorption system inflammatory mediators (CytoSorb), that involves a reduction in cellular oxidative damage, assessed as a reduction in levels of lactates and other indicators of ischemia/reperfusion injury. Materials and methods. We report a case series of 9 DCD-Maastricht IIIA category donors, treated in ECMO with NRP, to maintain circulation before organ retrieval, in association with CytoSorb in 5 patients. During perfusion, from starting NRP (T0), blood samples are collected 3 times, every 60 minutes (T1, T2, T3). Results. During treatment with CytoSorb, lactate levels progressively decrease, AST and ALT increase less than without Cytosorb, as sign of improvement in organs perfusion. Organs were judge transplantable and assigned to recipients, according to waiting lists, without complications during organ removal. Conclusion. NRP with CytoSorb might help to successfully limit irreversible organ damages and improve transplantation outcome3. Development and implementation of uniform guidelines will be necessary to guarantee the clinical use of these donor pools.

Transplant Nurse Coordinator (TNC) in donazione e trapianto

Del Duca LA, Balducci G, Maura M, Bernabò Brea C, Perrone F, Trogolo P

Centro Trapianto Fegato, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino

Introduzione. Ogni anno leggendo i report relativi a donazioni e trapianti, li si commentano dicendo “è necessario implementare il numero delle donazioni e quindi dei trapianti”. Le strategie per ottenere risultati migliori sono diverse, ma non si può non includere in queste la formazione del personale. Nello specifico abbiamo lavorato per quella degli infermieri reputando il loro ruolo, sempre più strategico per il miglioramento e l’implementazione del percorso procurement-trapianto. Il Master “Coordinamento infermieristico di donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule”, proposto dall’Università di Torino (Direttore Prof. A. Amoroso) è giunto alla terza edizione, ma il bisogno formativo non è ancora esaurito. Scopo. Come sottolineato dal CNT, nella persona del suo Direttore Dott. M. Cardillo. Il tema “donazione e trapianto” viene citato all’interno del Master in area intensiva e dell’emergenza “in quest’area possono essere approfondite competenze specialistiche in settori specifici come per esempio il coordinamento della donazione e del trapianto”. Materiali e metodi. – Attivazione del Master C/o Università degli studi di Torino; – Individuazioni delle figure topiche del MASTER; – Affiliazioni dei patrocini; – Progettazione del programma didattico; – Progettazione del programma di tirocinio; – Ricerca dei docenti; – Ricerca dei reparti/settori sedi dei tirocini; – Divulgazione del programma scientifico e dei calendari di iscrizione; – Selezione dei candidati; – Immatricolazioni; – Calendario delle lezioni frontali; – Calendari dei tirocini; – Elaborazione e stesure Tesi finali; – Discussioni Tesi finali. Risultati. Nelle tre edizioni si sono immatricolati 46 studenti, di cui 28 hanno già conseguito il Titolo e i restanti 18 sono in fase di formazione. Dal rapporto AlmaLaurea del giugno 2019 si evince che per la seconda edizione del Master gli intervistati hanno espresso: il miglioramento nelle competenze professionali per 71,4% di cui utilizzando le competenze acquisite con il Master, in maniera elevata nel 42,9% e in misura ridotta nel 57,1%. Nella nostra Azienda (presidio Molinette) dal 2017 uno studente che aveva conseguito il Master nell’anno precedente ha avuto un incarico specifico con un ruolo da Infermiere esperto nel procurement e nell’anno successivo, grazie anche al suo lavoro, si è avuto una sensibile riduzione delle opposizioni alla donazione di multiorgano (6 Vs 13 e un incremento molto significativo delle donazioni delle cornee (148 Vs 88). Conclusioni. Le novità scientifiche in ambito trapiantologico sono all’ordine del giorno e necessitano di formazione, anche infermieristica, specifica. Nel prossimo futuro, nella Regione Piemonte, sarà prevista in ogni ospedale la presenza di almeno un infermiere esperto nel procurement. Infatti sempre di più il contributo professionale infermieristico incide sui buoni risultati del Programma Nazionale Trapianti.

Analisi dell’“eplet mismatches” nel trapianto di rene: KTA vs. LDKT

Fornaciari S1, Curcio M1, Biagini C1, Vistoli F3, Egidi MF2, Boggi U3, Mazzoni A1, Salvadori F, Mariotti ML1

1. UO di Medicina Trasfusionale e Biologia dei Trapianti, AOU Pisana, Pisa; 2. Unità di Trapianti e Dialisi, Ospedale Universitario, Pisa; 3. UO di Chirurgia Generale e dei Trapianti, Università di Pisa

Introduzione. Nell’ottica di ridurre il rischio di sviluppare de novo-DSA (dnDSA) sono stati sviluppati “tools informatici per supportare la scelta della coppia donatore/ricevente. I vantaggi clinici degli eplets-HLA al posto degli antigeni-HLA nella fase di allocazione degli organi rimangono tuttavia dibattuti. Scopo. L’obiettivo è valutare la distribuzione del carico degli “eplets-mismatches” (EpMM) nella popolazione dei pazienti trapiantati di rene da donatore deceduto (KTA) vs quelli da Donatore Vivente (LDKT) con particolare attenzione ai pazienti che hanno sviluppato de-novo DSA. Materiali e metodi/Risultati. Nello studio sono stati arruolati 63 pazienti sottoposti a KTA e 54 a LDKT. Per la valutazione del EpMM si è utilizzato l’algoritmo HLAMatchmaker. I pazienti sono stati suddivisi in: KTA-Neg e LDKT-Neg (assenza di dn-DSA nel post-TX) e KTA-Pos (n°21; 48% di classe I e 52% di classe II) e LDKT-Pos (n°20; 45% classe I e 55% classe II). Lo sviluppo di de novo-DSA correla con l’aumento dell’EpMM sia di I che di II classe (Mann-Whitney-U-test p<0,01). La distribuzione di densità del carico degli EpMM tra KTA-Neg vs LDKT-Neg ha evidenziato un minor carico di EpMM di classe II nei pazienti KTA-Neg (Mann-Whitney-U-test p<0,05). Conclusioni. I nostri dati indicano che un maggior carico EpMM è associato con lo sviluppo di dnDSA (p<0,01). La differenza del carico dell’EpMM di classe II fra le due popolazioni KTA-Neg vs LDKT-Neg (p<0,05) rappresenta una diretta conseguenza della differenza nei criteri di allocazione per le molecole HLA. Questa differenza non sembra comunque influenzare lo sviluppo dei dn-DSA nel periodo di follow-up studiato (media 30 mesi ± 19,9).

Il donatore di tessuto osseo da donatore vivente: la prima esperienza all’interno della Regione Toscana

Ginori E1, Pontanari L1, Nannei C1, Nistri L1, Cariello D1, Peruzzi S1, Tanini M1, Pacini A1, Piscitelli E2, Spizuoco C2, Del Bontà S2, Duchi P2, Pandolfini S2

1. SOS Donazione e Trapianti AUSL Toscana Centro; 2. Centro Conservazione tessuto muscolo-scheletrico AOU Careggi, Firenze

Introduzione. Il tessuto osseo da donatore vivente è rappresentato dal tessuto muscolo-scheletrico asportato (dopo consenso informato del paziente) durante un intervento chirurgico perché non più necessario al paziente stesso. Il segmento osseo più facilmente donabile è la testa femorale rimossa durante gli interventi di protesi d’anca per impiantare un dispositivo protesico. Il vantaggio principale della testa femorale è che il suo prelievo è molto semplice e permette di utilizzare una risorsa che altrimenti andrebbe eliminata. Scopo. Due gli obiettivi che sono stati individuati: aumentare nella popolazione la cultura del dono e rendere autonomo il Centro di Conservazione regionale nella allocazione di tale tessuto, a fronte di una enorme richiesta, con potenziale ricaduta economica del Servizio Sanitario Regionale. Materiali e metodi. In data 5/12/2014 è stato effettuato il primo prelievo di tessuto osseo da donatore vivente presso l’Ospedale di Fucecchio. Dalla data di inizio, alla data del 31/12/2018, sono state prelevate n. 433 teste femorali, di cui n. 408 sono risultate idonee e distribuite per il trapianto. L’età media dei donatori si attesta su 60 anni. Conclusioni. Grazie alla implementazione del procurement di tessuto da donatore vivente è stata raggiunta l’autosufficienza per l’approvvigionamento di segmenti di tessuto osseo presso i vari presidi di Ortopedia e Traumatologia della Regione Toscana.

Case Report: donazione di organi in Testimone di Geova, accordo con i familiari

Guermani A1, Maura M2, Montalenti E2, Giacometti R3

1. Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti di Piemonte e Valle d’Aosta; 2. Coordinamento delle donazioni di organi e tessuti AOU Città della Salute e della Scienza di Torino P.O. Molinette; 3. Centro Regionale Trapianti Piemonte

Introduzione. Negli ultimi dieci anni in Piemonte e Valle d’Aosta sono state registrate quattro donazioni di organi in Testimoni di Geova; i familiari hanno accettato le trasfusioni, dopo la dichiarazione di morte, ritenendo che venisse meno con il decesso la sacralità del sangue. Scopo. Descriviamo il caso di una Testimone di Geova divenuta donatrice di organi addominali senza che sia mai stata eseguita trasfusione, neppure dopo la diagnosi di morte. Report. Una donna di 68 anni Testimone di Geova giunge in un ospedale del Piemonte con la diagnosi di emorragia cerebrale. In quinta giornata va in morte encefalica con emoglobina 4,9 g/dl, Hc 16,1%. Non si era espressa in vita e i familiari aventi diritto non si sono opposti solo dopo la garanzia che mai sarebbe stata trasfusa. Viene descritto il mantenimento della potenziale donatrice. Al prelievo degli organi l’emoglobina è 5,0 g/dl e l’ematocrito 15,8%. Sono stati prelevati i reni e il fegato. Si descrivono i tempi della ripresa funzionale dei tre organi trapiantati, i decorsi post trapianto e gli esiti tutti positivi dei riceventi e dei graft ad un anno dal trapianto. Commento. Quando il deceduto Testimone di Geova non si sia espresso in vita sulla donazione dei propri organi e i familiari aventi diritto non condividano che le trasfusioni vengano effettuate dopo la dichiarazione di morte, sembra possibile non trasfondere il potenziale donatore per ottenere la non opposizione e contemporaneamente non pregiudicare il risultato del trapianto degli organi addominali.

Politecnico di Torino e donazione di organi: fotografia di una popolazione

Guermani A, Peluso M, Potenza R

Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti di Piemonte e Valle d’Aosta

Introduzione e scopo. Il Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti organizza le campagne di comunicazione sulla donazione degli organi in Piemonte; al fine di comprendere come indirizzare le campagne future, ha collaborato col Politecnico di Torino, fotografando le informazioni e la sensibilizzazione di una particolare popolazione. Materiali e metodi/Risultati. A inizio 2018 a tutto il personale docente e amministrativo del Politecnico di Torino (2350 contatti) è stato inviato un questionario con 21 domande, per sondare la conoscenza soggettiva, le modalità di apprendimento delle informazioni sulla donazione, la consapevolezza e l’attitudine alla donazione, la conoscenza oggettiva. Il questionario è stato compilato da 453 contatti, il 19% degli invii, per il 48% da docenti e il 52% da personale amministrativo. È stata eseguita prima l’analisi descrittiva di tutte le variabili, successivamente l’associazione tra la conoscenza soggettiva e la conoscenza oggettiva, stratificando in base alle caratteristiche sociodemografiche. Fra le informazioni reperite è emerso che l’88,3% si dice favorevole alla donazione, ma che il 61 % ha delle informazioni (acquisite prevalentemente dai media) non corrette relative ai limiti di età per la donazione, alle modalità di espressione della volontà, al concetto di morte encefalica, alla scelta del ricevente, anche fra chi si dice adeguatamente informato. Conclusioni. È importante incanalare i messaggi delle campagne in essere sui temi che si sono dimostrati poco conosciuti, aiutando i cittadini a compiere una scelta libera e consapevole.

Donazione e trapianto nei soggetti migranti: la realtà piemontese dal 2004 al 31 maggio 2019

Guermani A1, Peluso M1, Magistroni P2, Potenza R1

1. Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti di Piemonte e Valle d’Aosta; 2. Centro Regionale Trapianti Piemonte

Introduzione. Negli ultimi vent’anni il fenomeno dell’immigrazione ha coinvolto nel nostro paese un numero sempre più alto di persone. Come conseguenza, è cresciuta la percentuale di soggetti stranieri che vanno in morte encefalica e la percentuale di quelli che necessitano di un trapianto d’organo. Scopo. Valutare l’impatto in Piemonte e Valle d’Aosta dei donatori e dei pazienti trapiantati nati non in Italia. Materiali e metodi/Risultati. Analisi retrospettiva delle segnalazioni di morte con i criteri neurologici avvenute dal 2004 al 31 maggio 2019 presso le rianimazioni del Piemonte e Valle d’Aosta e dei trapianti di organi da donatore deceduto avvenuti nello stesso periodo presso i Centri Trapianti del Piemonte. Si sono analizzati i dati complessivi, suddivisi successivamente in quelli inerenti i nati in Italia e in quelli i nati non in Italia. Le morti encefaliche segnalate dai rianimatori sono state 3461, 264 di queste sono avvenute in soggetti nati in stati diversi dall’Italia (7,6%). Si è analizzata l’età media, la non idoneità alla donazione, la non opposizione nei due gruppi e successivamente la favorevolezza alla donazione delle singole comunità. Nello stesso arco temporale 498 pazienti nati non in Italia sono stati trapiantati con organi di donatore deceduto (9,3 % del totale dei trapianti eseguiti in Piemonte). Conclusioni. L’analisi dimostra la reciprocità del Sistema Donazione e Trapianto e la necessità di implementare la formazione dei mediatori transculturali negli aspetti della donazione e del trapianto, perché possano supportare al meglio il numero crescente di soggetti stranieri.

Donare: l’importanza della scelta

Lanfranchi A1, Comini M1, Bolda F1, Beghin A1, Soncini E2, Porta F2

1. Laboratorio Cellule Staminali, Sezione di Ematologia e Coagulazione, Laboratorio Analisi Chimico Cliniche, Dipartimento di Diagnostica dei Laboratori, ASST Spedali Civili, Brescia; 2. Oncoematologia Pediatrica e Trapianto di Midollo Osseo, Ospedale dei Bambini, ASST Spedali Civili, Brescia

Introduzione. Nella programmazione di un trapianto di CSE, la scelta del donatore riveste un ruolo chiave. In assenza di un fratello HLA-identico, il donatore dovrà essere ricercato nei registri nazionali ed internazionali (solo 1/100 000 con compatibilità HLA del 100%). Da qui nasce la necessità di far conoscere a più persone possibile l’importanza di iscriversi ai registri nazionali di donatori volontari di Midollo Osseo. Risultati. Nell’esperienza del nostro centro, su 214 trapianti MUD effettuati, nel 10% dei casi si è dovuto ricorrere ad un donatore alternativo rispetto a quello identificato a causa di indisponibilità/irreperibilità del donatore iniziale per ragioni personali o di lavoro (12 casi); 5 richieste sono state chiuse per ragioni mediche, 2 per incompatibilità di fonte di CSE richiesta, in 1 caso è stato richiesto un donatore che non avrebbe più dovuto essere nel registro e un caso, avvenuto nel 2008, di cui non è stato possibile reperire i documenti archiviati. Conclusioni. Il problema del ritiro dei donatori con iter trapiantologico già iniziato, famiglie informate e, nei casi più gravi, con regime di condizionamento intrapreso, rappresenta sicuramente un’emergenza clinica, con pesanti ripercussioni sul processo terapeutico del paziente e con un impatto psicologico e sociale sulla famiglia. L’aumento degli iscritti ai registri di donatori rappresenta un importante traguardo. La sensibilizzazione deve, però, riguardare non solo la donazione ma anche l’importanza e le implicazioni che la donazione comporta. Un aspetto che deve essere più marcatamente sottolineato riguarda proprio l’informazione approfondita e la consapevolezza che si deve avere nel ruolo, liberamente scelto, di donatore.

Tempestivo e completo processo di analisi del rischio di una grossa lesione neoplastica renale: le ricadute sui pazienti trapiantati

Mansouri M1, Giacometti R1, Guermani A2, Genzano Besso F1

1. Centro Regionale Trapianti Piemonte e Valle d’Aosta; 2. Coordinamento Regionale Donazioni e Prelievi Piemonte e Valle d’Aosta

Introduzione. La gestione del rischio nei trapianti è obbligo normativo, ma è altresì attività indispensabile per intercettare eventi potenzialmente dannosi per pazienti e Rete, e per limitare il danno ad evento accaduto. Scopo. Descrivere un caso in cui la corretta e tempestiva analisi del rischio ha permesso di prendere decisioni immediate per i riceventi gli organi, stante un reale rischio di trasmissione neoplastica. Materiali e metodi/Risultati. Si è considerato un donatore con carcinoma uroteliale epiteliale della pelvi renale e dell’uretere prossimale alto grado, G3, infiltrante il parenchima, di 6 cm, lesione emersa in fase di trapianto, in modo fortuito (rene destro trapiantato a sinistra con bacinetto visibile ai trapiantatori). Ogni indagine svolta non aveva evidenziato anomalie; l’organo è stato giudicato idoneo in ogni step. Il rene neoplastico è stato immediatamente espiantato. Il fegato era già stato trapiantato, il secondo rene non utilizzato. Non c’è letteratura che permetta di definire l’intervallo di tempo utile a reimmettere in lista il paziente trapiantato ed espiantato di rene, né a definire il rischio di trasmissione neoplastica nel ricevente fegato. Solo l’analisi dettagliata dell’evento effettuata da una Commissione di esperti (oncologi, anatomopatologi, chirurghi, DS, personale del CRT e del CNT) ha permesso di concludere che non si possono individuare azioni che presentino un adeguato supporto di prevenzione del rischio specifico, e di definire un iter di follow up per il ricevente fegato e di riammissione in lista per il ricevente rene. Conclusioni. Una buona analisi del rischio di un evento grave accaduto permette di fornire rapide risposte al paziente trapiantato.

Ruolo prognostico della sarcopenia nel trapianto di fegato

Marrone G, Biolato M, Barbieri P, Cina A, Frongillo F, Nure E, Agnes S, Gasbarrini A, Grieco A

Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma

Introduzione. La sarcopenia è considerata una condizione in grado di influenzare la prognosi post-trapianto. L’analisi TC della superficie muscolare a livello di L3 è considerata attualmente il gold standard per la diagnosi. Scopo. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare il ruolo prognostico della sarcopenia determinata mediante una analisi volumetrica della massa muscolare dell’intero addome su immagini TC. Materiali and metodi. Abbiamo misurato il volume muscolare dell’intero addome su immagini TC mediante una metodica 3D in 101 adulti candidati a OLT. Il volume muscolare addominale è stato indicizzato per l’altezza al quadrato. Il quartile inferiore di volume è stato utilizzato come cut-off per la diagnosi di sarcopenia. È stata eseguita una analisi di sopravvivenza. Risultati. 80 soggetti inclusi nello studio erano di sesso maschile (79,2%). L’età media è risultata essere 54,8 ± 10,3 anni. L’eziologia prevalente è risultata essere quella alcolica (31,7%), seguita dall’HCV (21,8%), dalle malattie colestatiche (11,9%) e dall’HBV (10,9%). L’HCC è risultato presente nel 41,6% dei casi. Il quartile inferiore del volume è risultato 583,7 cm3/m2 nelle donne e 629,9 cm3/m2 negli uomini. È stata osservata una differenza statisticamente significativa di sopravvivenza post-OLT utilizzando il cut-off indicato (HR 7; 95% CI 2,3-21,6, p = 0,001). Conclusioni. L’analisi 3D è apparsa un indicatore affidabile di mortalità post-OLT. L’analisi 3D analizza una più ampia porzione del corpo fornendo una stima più affidabile della massa muscolare dell’organismo. Questa metodica dovrà essere analizzata prospetticamente su più ampie coorti per confermare il suo potere diagnostico rispetto alla metodica classica.

Al lavoro per costruire ponti. La Carta dei Servizi e dei Principi della Donazione del Niguarda parla molte lingue

Masturzo E1, Sacchi M1, Bosio M2

1. Coordinamento locale del prelievo di organi e tessuti, 2. Direttore Generale, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Introduzione. La medicina dei trapianti ha allargato il campo delle proprie competenze tecniche alla sfera dell’etica della donazione che chiama in causa la responsabilità individuale rinsaldandola all’interno di quella invisibile catena di solidarietà naturale che ci lega gli uni agli altri. Attraverso la Carta dei servizi e dei principi della Donazione abbiamo voluto puntare su strategie di sostegno alla comunicazione volte da un lato a valorizzare l’autodeterminazione degli interessati coadiuvando, senza vicariare, la funzione del sanitario per garantire l’omogeneità e la trasparenza dell’informazione e, dall’altro, far leva sulle risorse intangibili interne per creare valore aggiunto duraturo. È per noi prioritario infatti sviluppare una cultura aziendale non soltanto orientata alla condivisione di obiettivi, ma anche di scopi e, forse, addirittura di valori facendo leva sulla partecipazione e la responsabilizzazione, ma anche sulla motivazione ed il giusto riconoscimento del valore di utilità sociale di un intervento che potremmo a tutti gli effetti definire di educazione sanitaria. L’importante presenza dei migranti nel nostro Paese e nelle città metropolitane pone, tuttavia, di fronte alla necessità di fare i conti con una realtà multietnica e multiculturale a più livelli. Nella nostra esperienza ci si trova di fronte alla difficoltà di reperire gli strumenti di volta in volta più idonei per il confronto con i nuovi cittadini spesso ignari delle leggi, dei regolamenti e delle tradizioni del Paese che li accoglie. A queste barriere si aggiunge quella linguistica. La morte encefalica è un concetto non di semplice comprensione per i madrelingua, a maggior ragione può diventare un ostacolo insormontabile per chi è straniero. Contenuti. Il valore del dono va al di là di quello che comunemente si pensa in quanto riveste una funzione sociale importantissima: il legame che si crea diventa più importante del bene stesso. In una società aperta e multietnica abbiamo dunque sentito la curiosità, scevra da qualsivoglia tentazione di supremazia culturale o morale o evangelizzatrice, di indagare se i valori e i significati che muovono la donazione nella nostra proposta solidaristica ai cittadini stranieri possono essere compresi, condivisi e assunti anche da ‘cittadinanze’ differenti dalla nostra. Tuttavia, proprio perché il dono allo sconosciuto «è una ruota che gira» all’interno del patto sociale intrinseco a tutti i sistemi di welfare, è impellente chiedersi se esso parli lo stesso linguaggio anche a culture, spiritualità e sistemi economici differenti dai nostri. In una logica di avvicinamento, di contaminazione e di arricchimento reciproco, si è pensato di muovere il primo passo partendo dalla cosa più semplice, ovvero la traduzione in cinque lingue della Carta dei principi e dei Servizi della Donazione. Conclusioni. La donazione di organi è invariabilmente legata all’idea di comunità, una comunità che – dal nostro punto di vista – travalica qualsiasi distanza fino a comprendere il mondo intero. Quanto più profonda è la consapevolezza di appartenere alla comunità universale, tanto maggiore è la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro e ad impegnarsi nella ‘messa in moto’ di sentimenti di empatia e di rispetto, nonché di legami di fiducia, di reciprocità e di reciproco affidamento.

L’importanza dell’anamnesi esistenziale nell’approccio al c-DCD

Masturzo E1, Sacchi M1, Bosio M2

1. Coordinamento locale del prelievo di organi e tessuti, 2. Direttore Generale, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Introduzione. Le ultime Raccomandazioni della SIAARTI rappresentano una rivoluzione copernicana nell’approccio del rianimatore alla persona morente; già nel titolo introducono un nuovo concetto di cura che va oltre la guarigione, ovvero la cura del fine vita per garantire una morte dignitosa. Si tratta certamente di una forma inedita di cura che presuppone l’astensione o l’interruzione dei trattamenti sproporzionati, nonché l’obbligo etico, deontologico e giuridico di indagare il progetto di vita della persona a fronte di DAT o attraverso un’anamnesi esistenziale eventualmente derivata dalla testimonianza indiretta dei congiunti, là ove le prime non siano disponibili. Tale approccio assume tanta maggiore rilevanza nel c-DCD che, nel Protocollo aziendale, prevede sia una informativa specifica sul percorso di desistenza terapeutica e di donazione a cuore fermo, sia moduli per la raccolta organizzata delle scelte dell’interessato riguardo ai trattamenti di sostegno delle funzioni vitali (nutrizione e idratazione artificiale e sedazione palliativa continua profonda) e di fine vita. Contenuti. I criteri di arruolamento del paziente al Protocollo aziendale c-DCD presuppongono una ricognizione anamnestica sequenziale basata sui seguenti supporti cartacei: verifica delle DAT e della nomina di un fiduciario designato a prendere decisioni in luogo dell’interessato attraverso il modulo di consenso informato alla comunicazione delle informazioni sanitarie. Verifica delle eventuali volontà dell’interessato prima di versare in stato di incoscienza sul modulo aziendale di consenso ai trattamenti di sostegno delle funzioni vitali e nella fase finale della vita. In mancanza delle predette, ricostruzione della anamnesi esistenziale attraverso il colloquio con i congiunti e annotazione nella documentazione sanitaria. Informativa ai familiari in ordine al piano di desistenza terapeutica ed alla donazione a cuore fermo, in quest’ultimo caso con sottoscrizione per presa visione. Conclusioni. Anche nell’approccio al c-DCD il medico dovrà acquisire competenze inedite e quasi certamente non maturate durante i corsi e i tirocini universitari; ciò in ragione del fatto che l’anamnesi non dovrà più consistere soltanto in una raccolta di dati, di parametri e di date, ma nella trascrizione letterale di un racconto e il comunicare non significherà più solamente informare, ma ascoltare attivamente, se necessario anche i silenzi, senza giudizio, senza noia e con empatia. Nella decisione di limitare i trattamenti, il medico dovrà necessariamente svolgere un ruolo di sintesi acquisendo ogni possibile visione di senso della persona malata o morente, sulle sue volontà rispetto al percorso di cura, sulle sue convinzioni filosofiche, etiche, religiose e persino ideologiche rispetto al fine vita. Tali aspetti hanno eguali riverberi sia sull’avvio del piano di desistenza terapeutica, sia su quello del prelievo da donatore a cuore fermo controllato.

Yes, eye can! Sì, io posso migliorare la visione del mondo! Campagna di comunicazione a sostegno della donazione di cornee

Masturzo E1, Sacchi M1, Parrillo MG2, Bosio M3

1. Coordinamento locale del prelievo di organi e tessuti, 2. Comunicazione e relazioni esterne, 3. Direttore Generale, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Introduzione. “Yes, we can!”, una frase che ha fatto la storia tanto da risuonare come un meme in grado di contagiare positivamente i giovani delle nuove generazioni esortandoli alla speranza e ad una assunzione di responsabilità nella formula della dimensione collettiva e della partecipazione. Abbiamo voluto reinterpretarla con un gioco di parole per la Campagna a sostegno della donazione di cornee 2019 “Yes, eye can! Sì, io posso migliorare la visione del mondo”, promossa dal Coordinamento locale dei prelievi di organi e tessuti, lanciata per l’occasione della Giornata europea della donazione di organi e tessuti del 12 ottobre. Contenuti. Siamo fortemente convinti che esista una dimensione individuale alla base di ogni cambiamento profondo e radicato nella società. In questo senso abbiamo fatto di più, abbiamo ‘usato’ la faccia buona, rassicurante e senza infingimenti da Photoshop dei nostri professionisti; la prima in ordine di apparizione è quella di Umberto Valentinotti (ortopedico e fotografo per passione), un camice bianco spogliato del ruolo e in risonanza umana con chi lo osserva. Conclusioni. Il metterci la faccia è per noi un manifesto della responsabilità, il manifesto dei doveri verso l’essere umano, primi tra tutti quelli della solidarietà e della umanità, entrambi radicati nella Cultura della donazione di organi e tessuti.

Corneal tissue procurement: performance pediatric hub center

Melosi F, Sestini G, Pennica M, Pietrini I, Greco C, Masini E, Solano Arrojo N, Romano C, Cambrini A

AOU Meyer, Firenze

Background. In pediatric age, diseases that cause an alteration of the curvature (keratoconus) and of the transparency (congenital, inflammatory, degenerative, traumatic) of the cornea can lead to partial or total blindness, if the damage produced is irreversible. Corneal transplantation represents the only therapeutic possibility and, in pediatric age, must be considered urgent to ensure the development of a normal visual function, particularly under 6 years of age; taking also in consideration the long life expectancy, it is important that the transplant is performed using tissues with excellent biological characteristics. Materials and method. The purpose of this work is to demonstrate the effectiveness of the implementation program carried out in our hospital by the coordination of organs and tissues donation to increase corneal tissue procurement from DCD and DBD in the years 2013-2018 in patients under the age of 12. This project has been implemented through an awareness program directed to the aspects of referral of patients, suitability, consent, procurement time, in order to obtain the best tissue possible in this age group which is particularly important from a transplantation point of view. Results. In the 2013-2018 five-year period we observed: - progressive increase in donations of corneal tissue; - reduction of procurement time with zero non suitability of the tissues after the procurement. Conclusion. The corporate awareness process regarding tissue donation has led to an increase in the donative pool and an improvement in the biological characteristics of the donated tissue.

“V.A.R.I.An.D.O.” Valutazione Antropologica Registrazione In Anagrafe Donazione Organi. Risultati preliminari

Messina E1, Grosso M2, Catozzi D3, Gualano MR3, Potenza R1

1. Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti, Piemonte e Valle d’Aosta (CRP); 2. Servizio di Radiologia Domiciliare – Radiologia 2, AOU Città delle Salute e della Scienza di Torino – P.O Molinette; 3. Dipartimento Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università degli Studi di Torino

Introduzione. La scelta della donazione dei propri organi dopo la morte è una scelta libera e consapevole. La Legge 98/2013 aggiunge, alle già avviate modalità di registrazione della propria scelta sul Sistema Informativo Trapianti (ASL, AIDO), la possibilità di dichiararsi durante il rilascio/rinnovo della carta di identità. Scopo. Valutare l’impatto sui cittadini e sugli operatori anagrafe di alcuni comuni del Piemonte dell’iniziativa di adeguamento normativo “una scelta in comune”. Materiali e metodi. È stato progettato e validato internamente un questionario semi-strutturato utilizzato tra il 2016 e il 2019 per condurre delle interviste a cittadini ed operatori anagrafe dei comuni di Torino, Settimo Torinese, Chivasso, Cuneo, Santhià, Alessandria, Asti, Vercelli. I dati delle risposte chiuse sono stati elaborati mediante il programma SPSS-IBM (alfa=0,05), mentre per le risposte libere è stata creata una matrice interpretativa. Risultati. Sono state condotte 1021 interviste: 966 ai cittadini e 55 agli operatori. L’85% dei cittadini pensa di avere una conoscenza sufficiente o buona ma mostra lacune su alcune domande specifiche. Il 63,7% dichiara di essere favorevole alla donazione, mentre il 18,7% è contrario. Solo il 35,4% ha registrato la propria posizione. Essere studenti, avere un titolo di studio elevato e aver vissuto esperienze personali si associano all’essere favorevoli alla donazione (p<0,001; p<0,001; p=0,048). I cittadini confidano molteplici paure rispetto al tema donazione e trapianto, difficoltà ad assumersi un impegno così importante, sfiducia nel Sistema ed uso dei media per attingere alle informazioni mediche. Conclusioni. L’iniziativa “una scelta in comune” ha permesso a circa 1/3 dei cittadini intervistati di registrare la propria posizione ma ha evidenziato una conoscenza parziale sul tema specifico e il persistere di molteplici paure che spesso sono rafforzate dall’utilizzo dei media quale fonte (non sempre corretta) di informazioni.

Flussi in lista di attesa per trapianto di organi solidi in Toscana (2003-2019). Quali differenze di sesso e genere?

Piemonte G1,2, Bagatti S3, Bombardi M2, Seghieri G4, Tanini M5, Girardi E6, Azadegan M7, Melosi F8, Bartiromo M9, Peris A10

1. Dipartimento Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze; 2. Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti, AOU Careggi, Firenze; 3. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, Ospedale S. Stefano Prato. Azienda Usl Toscana Centro; 4. Unità Epidemiologia, Agenzia Regionale Sanità, Regione Toscana; 5. SOS Donazioni Organi e Tessuti, Azienda Usl Toscana Centro; 6. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, Ospedale S. Jacopo Pistoia, Azienda Usl Toscana Centro; 7. Centro di Coordinamento Salute e Medicina di Genere, Regione Toscana; 8. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, AOU Meyer, Firenze; 9. SOD Nefrologia e Dialisi, AOU Careggi, Firenze; 10. Organizzazione Toscana Trapianti, Regione Toscana

Introduzione. Fattori biologici, sociali, psicologici e culturali legati al sesso e/o al genere possono rappresentare elemento di disparità per l’accesso e gli esiti del trapianto. Scopo. Analizzare i flussi dei soggetti in lista di attesa (LDA) per evidenziare eventuali differenze e pianificare monitoraggi al livello dei percorsi clinici del pre- e post-trapianto. Metodi. Estrazione e analisi dei dati socio-demografici, anamnestici e di esito dei pazienti in LDA per trapianto di rene, fegato, cuore, polmoni e pancreas/insulae in Toscana nel periodo 2003-2019.

Risultati. Il numero assoluto di soggetti in LDA unica mostra differenze fra i due sessi (M 4693 – 66,3%; F 2383 – 33,7%). Tale disparità è evidente anche per organo. In Toscana le LDA accolgono pazienti con età media di 57,9 (DS 11,3) anni, in parte provenienti da Paesi esteri (632; 8,9%). 3903 (55,2%) soggetti sono residenti fuori regione. Le differenze maggiormente significative fra i due sessi sono la più giovane età di accesso (P<0,001) e la più lunga permanenza in LDA (P<0,001) delle donne. Non vi sono discrepanze nella LDA del rene dovute alla anzianità dialitica. La percentuale di donne in LDA è maggiore fra i pazienti nati fuori dall’Italia (45,1% vs 32,6%; p<0,001). Differenze significative M/F sono evidenti per le patologie determinanti insufficienza epatica, cardiaca e polmonare. Il decesso in LDA non è associato al sesso ma principalmente al tipo di organo (cuore/polmone p<0,001). Conclusioni. Le differenze emerse non sono sufficienti a chiarire se esistono effettive disparità nell’accesso alle LDA e al trapianto. Necessari ulteriori approfondimenti.

Procurement di organi e tessuti da donatore a cuore battente e a cuore fermo. Possibili effetti di sesso e/o genere sulle decisioni donative

Piemonte G1,2, Bagatti S3, Bombardi M2, Seghieri G4, Tanini M5, Girardi E6, Azadegan M7, Melosi F8, Bartiromo M9, Peris A10

1. Dipartimento Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze; 2. Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti, AOU Careggi, Firenze; 3. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, Ospedale S. Stefano Prato. Azienda Usl Toscana Centro; 4. Unità Epidemiologia, Agenzia Regionale Sanità, Regione Toscana; 5. SOS Donazioni Organi e Tessuti, Azienda Usl Toscana Centro; 6. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, Ospedale S. Jacopo Pistoia, AUSL Toscana Centro; 7. Centro di Coordinamento Salute e Medicina di Genere, Regione Toscana; 8. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, AOU Meyer, Firenze; 9. SOD Nefrologia e Dialisi, AOU Careggi, Firenze; 10. Organizzazione Toscana Trapianti, Regione Toscana

Introduzione. Le donne mostrano maggiore propensione al dono di organi sia nella donazione da vivente che nell’espressione di volontà in vita. L’effetto del sesso e/o del genere sulle opposizioni è un elemento che merita approfondimenti per una comprensione e un contenimento del fenomeno. Scopo. Descrivere quanto il sesso/genere possa avere influenza sulle decisioni donative. Metodi. Raccolta prospettica di dati relativi ai colloqui per accertamento di volontà (AV) nei percorsi di donazione a cuore battente (DBD) e a cuore fermo (DCD) in Toscana in un anno (giugno 2018/maggio 2019). Risultati. 280 colloqui per AV sono stati analizzati; 257 (91,8%) DBD e 23 (8,2%) DCD. Il tasso di opposizioni degli aventi diritto (AD) è del 26,1%, mentre I dinieghi in vita sono 5 (1,8%). Non emergono differenze M/F nelle opposizioni, mentre nei rifiuti selettivi per il prelievo di tessuti l’AD è più spesso una donna (p<0,05). Le decisioni donative sono maggiormente a carico del coniuge nel potenziale donatore (Pdon) maschio e dei figli maggiorenni nelle Pdon femmine. Complessivamente gli aventi diritto sono M nel 36,8% e F nel 57,5%. La donazione è stata spontaneamente offerta dalla famiglia in 36 casi senza differenze di genere né dell’AD né del Pdon. I sanitari responsabili dell’AV sono nel 60,4% femmine, con una concordanza di sesso fra operatore e AV del 49,3%. Conclusioni. Non emergono differenze significative di sesso/genere nelle opposizioni. Meritano approfondimento i rifiuti selettivi per prelievo di tessuti.

Psycho-emotional effects on relatives involved in organ procurement: a follow-up assessment program

Piemonte G1,2, Cecci L1,3,4, Di Pasquale C5, Quarta LG5, Rasero L1,6, Giustini A7, Bombardi M2, Guetti C3, Bucciardini L8, Migliaccio ML2, Peris A9

1. Dipartimento Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze; 2. Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti, 3. Cure Intensive del Trauma e delle Gravi Insufficienze di Organo, 4. SOD Psichiatria. Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti, AOU Careggi, Firenze; 5. Dipartimento Civiltà e Forme del Sapere, Università degli Studi di Pisa; 6. Dipartimento delle Professioni Sanitarie, Ricerca e Sviluppo della Clinical Practice, 7. Unit Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, 8. Terapia Intensiva Polo Neuromotorio, AOU Careggi, Firenze; 9. Organizzazione Toscana Trapianti, Regione Toscana, Firenze

Introduction. Organ procurement (OP) is a complex process in which clinical, organizational and psycho-social issues are at play. Understanding the experiences of potential donors’ family members (FM) in a follow up clinic is crucial to identify the most relevant factors affecting OP.

Aims. To describe the effects of OP on the psycho-social wellbeing of FM, and to explore the possible causes of family refusals to organ donation (OD). Methods. Mixed-method study involving FM at 3 and 12 months after patients’ death. Psychological profile was evaluated with Psychological well-being scale (PWBS), State trait anxiety inventory – form Y (STAI-Y), Beck Depression Inventory – II (BDI II), Impact of Event Scale – Revised (IESR), Inventory of Complicated Grief (ICG). Traumatic memories were assessed with a 4-point scale. Satisfaction with care was measured with Family Satisfaction ICU. Results. 24 FM were enrolled; 13 (52.4%) were female, mean age 54.9 (DS 17.0); 9 were spouse (37.5%), 7 (29.1%) sons, 4 (16.7%) parents, 4 (16.7%) other relatives. All FM were Italian and consented to OD. DBD and DCD processes were analyzed; 17.6% patients expressed willingness to OD. Mean values of BDI-II (9.8), IES-R (25.2) and ICG (20.5) were below the clinical cut-off. FM showed symptoms of anxiety. Traumatic memories were more frequent and intense in relation with the early stages of OP (out-of-hospital rescuing/emergency department) and with the communication of bad prognosis. Satisfaction with care was fair good. Conclusion. Preliminary data suggests that the early stages of OP and the communication of bad news deserve attention.

“Una scelta in comune”. Operatori sanitari incontrano i cittadini presso l’Anagrafe Centrale del comune di Torino

Potenza R1, Messina E1, Sciajno M2, Bocchino V2, Michelangeli G3, Guermani A2

1. Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti, Piemonte e Valle d’Aosta (CRP); 2. Comune di Torino; 3. Sistema Informativo Trapianti

Introduzione. In forza dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 i cittadini possono dichiarare la propria posizione in ordine alla donazione degli organi durante il rinnovo della carta di identità. Con il passare degli anni dall’avvio dell’iniziativa di adeguamento normativo denominato “una scelta in comune” si è assistito ad un aumento delle dichiarazioni contrarie alla donazione. Scopo. Fornire informazioni ai cittadini, comprendere meglio l’atteggiamento degli stessi nei confronti dell’iniziativa “una scelta in comune” e valutare impatto dell’intervento informativo. Materiali e metodi. Previo accordo tra il CRP e il comune di Torino, dal 17 giugno al 12 luglio 2019 è stata garantita la presenza di operatori sanitari durante l’apertura al pubblico degli sportelli adibiti al rilascio della carta di identità elettronica (CIE). Gli operatori sanitari fornivano informazioni sull’opportunità di dichiararsi e, laddove richiesto o necessario, sulla medicina dei trapianti. Al termine del colloquio ogni operatore compilava una breve scheda raccolta dati. Risultati. Sono stati condotti 1022 colloqui su 1888 CIE rilasciate contro le 3093 emesse nel periodo di controllo (maggio 2019). Durante il periodo di studio si è assistito ad un aumento dei cittadini che preferivano non rispondere; tra coloro che rispondevano si è registrato un aumento dei favorevoli (+1,65%) e una diminuzione dei contrari. Il 73% dei cittadini non era informato della possibilità di esprimersi e il 36% dichiarava di non sapere nulla di donazione/trapianto. Durante i colloqui sono emersi alcuni temi ricorrenti: la paura del corpo inciso, la paura del dolore, i timori legati la trapianto, la carenza di informazioni e la disinformazione veicolata dai giornali. Conclusioni. I cittadini torinesi non sono preparati ad esprimersi sulla donazione e testimoniano numerose paure legate alla donazione e al trapianto. La presenza di personale sanitario ha migliorato la consapevolezza dei cittadini producendo una riduzione delle opposizioni.

Survey on the awareness of the value of donation

Sestini G, Focardi S, Abarca Lopez M, Maffeo M, Masini E, Pennica M, Melosi F

AOU Meyer, Firenze

Background. In Italy, around 30% of the population opposes organ and tissue donation. In the last two years the number of citizens in favor has increased exponentially due to the fact that citizens wishing to be an organ donor can declare this preference to the municipalities on the occasion of the release of their identity card. Methods/Materials. Over the course of about 1 year we distributed to individuals within our hospital an anonymous questionnaire valid to test the level of knowledge on the possibility of donating organs and/or tissues and on the importance of transplantation as a life-saving therapy. Results. We obtained a pool of 772 subjects, 515 females and 257 males, over the age of 18. 79.6% declared themselves in favor of the donation, 2.9% were against it, 9% said they did not know and 8.2% had never thought about it. 53% said they knew how to express their willingness to donate but only 35% reported having done so. Conclusion. The citizen has shown to be aware of the value of the donation, the main source of information is represented by the media, while the GP was scarcely relevant in the education of his patient. In spite of a high percentage of subjects who considered themselves to be in favor of the donation, only a small part knew how to express their will and an even smaller percentage had done so. No gender differences were observed.

La donazione di sangue cordonale in Toscana. Analisi del quinquennio 2013-2018

Tanini M1, Piemonte G2,3, Mazzanti B4, Materozzi F5, Fabbri M6, Bagatti S7, Bombardi M3, Seghieri G8, Girardi E9, Azadegan M10, Melosi F11, Bartiromo M12, Peris A13

1. SOS Donazioni Organi e Tessuti, Azienda Usl Toscana Centro; 2. Dipartimento Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze; 3. Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti, AOU Careggi, Firenze; 4. Area cellule e tessuti, Centro Nazionale Trapianti, Istituto Superiore di Sanità; 5. TMO/Banca Cordone Ombelicale SODc Terapie Cellulari e Medicina Trasfusionale AOU Careggi, Firenze; 6. Banca Sangue Cordonale Pisa Laboratorio di Immunogenetica U.O. Medicina Trasfusionale e Biologia dei Trapianti AOU Pisana, Pisa; 7. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto. Ospedale S. Stefano Prato, AUSL Toscana Centro; 8. Unità Epidemiologia, Agenzia Regionale Sanità. Regione Toscana; 9. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, Ospedale S. Jacopo Pistoia, AUSL Toscana Centro; 10. Centro di Coordinamento Salute e Medicina di Genere, Regione Toscana; 11. Coordinamento Locale Donazione e Trapianto, AOU Meyer, Firenze; 12. SOD Nefrologia e Dialisi, AOU Careggi, Firenze; 13. Organizzazione Toscana Trapianti, Regione Toscana

Introduzione. Il sangue cordonale (SC) rappresenta una fonte di cellule staminali emopoietiche, il cui utilizzo offre vantaggi di natura clinica, pratica e biologica sia per il donatore che per il ricevente. Il SC rappresenta una possibile terapia per le emopatie maligne e non e per altre patologie (metaboliche, immunitarie). Scopo. Descrivere l’attività di donazione, bancaggio e rilascio di SC in Toscana nel periodo 2013-18. Metodi. Analisi retrospettiva di dati relativi alla raccolta, al bancaggio e al rilascio di unità di sangue cordonale nel quinquennio 2013-2018 in Toscana. Risultati. Nel periodo osservato sono state raccolte complessivamente 13.094 unità di SC con una lieve preponderanza di donatrici femmine (M/F: 5920/6049). Tale percentuale rimane pressoché invariata se si considerano le unità effettivamente stoccate in entrambe le banche regionali. Le unità raccolte risultano in diminuzione nel periodo considerato. Le unità rilasciate sono 33, delle quali 32 destinate a riceventi allogenici, una dedicata. I donatori sono femmine nel 48,5%, mentre fra i riceventi le donne sono il 36,4%. Nel 69,7% la donazione avviene fra individui dello stesso sesso, mentre in 10 casi fra sessi diversi. L’età media dei riceventi è 39,6 anni (DS 24.3; min 1.0-max 70.0). Le patologie trattate sono per il 54,5% leucemie acute. Conclusioni. Il SC risulta una preziosa risorsa laddove non si disponga di donatori di midollo o sangue periferico mobilizzato, o dove non vi sia tempo di reperire donatori da registro.

Il trasporto di sangue cordonale, elaborazione di un piano di miglioramento secondo metodo Lean

Tanini M1, Pacini A1, Benifei F1, Bruschi C1, Ginori E1, Bagnulo I1, Toccafondi A1, Tomei P2, Giudici S3, Carli S3

1. SOS Donazione e Trapianti Usl Toscana Centro; 2. SVS Servizi; 3. Centro Regionale Sangue, Regione Toscana

Introduzione. Il trasporto di sangue cordonale (SCO) può rappresentare un momento critico in grado di invalidare il processo. La filosofia Lean, nata per i processi produttivi, è capace di analizzare le attività sanitarie in modo da razionalizzare le singole azioni. Scopo. Il SCO deve essere processato entro 48 ore dalla raccolta e deve essere mantenuto, dal prelievo alla processazione, ad una temperatura costante intorno ai 4°C che deve essere tracciata. Materiali e metodi. Abbiamo creato un A3 model in cui è sono state analizzate le criticità del trasporto con diagramma di Ishikawa, Value streem map (pre e post). I correttivi sono stati predisposti con diagramma di Gantt. Conclusioni. L’A3 Model ha dimostrato di essere un buon metodo per analizzare le varie fasi di un processo complesso. In particolare l’analisi della causa radice ha indicato precise misure correttive quali: attivazione con piattaforma informatica ad accesso con credenziali per la prenotazione del trasporto, adozione di sistema di trasporto a temperatura controllata in appositi contenitori, validazione del sistema di controllo semestrale da parte del CRS Toscana.

La tipizzazione outdoor del potenziale donatore di CSE: piano di miglioramento del trasporto del materiale biologico

Tanini M1, Pacini A1, Bruschi C1, Bagnulo I1, Toccafondi A1, Ginori E1, Rigatti B1, Tomei P2, Giudici S3, Carli S3, Pelo E4, Rombolà G5

1. SOS Donazioni Organi e Tessuti USL Toscana Centro; 2. SVS Servizi; 3. Centro Regionale Sangue, Regione Toscana; 4. SO=D Diagnostica Genetica AOU Careggi; 5. Registro

Introduzione. Il reclutamento del potenziale donatore di CSE è un fenomeno complesso che deve tenere conto della sicurezza della procedura e contemporaneamente andare incontro alle esigenze di una popolazione giovane e dinamica. La tipizzazione outdoor, sebbene sia vantaggiosa per coinvolgere potenziali donatori, può mostrare criticità in merito al trasporto e alla tracciabilità dei campioni. Scopo. Offrire alle associazioni di volontariato che si occupano di reclutamento e tipizzazione outdoor di donatori di CSE sul territorio della USL Toscana Centro un sistema sicuro e tracciato per la gestione del trasporto dei campioni salivari. Materiali e metodi. Le associazioni di volontariato coinvolte (ADMO e ADISCO) concordano con USL Toscana Centro le date per tipizzazioni outdoor. Il coordinamento donazioni e trapianti gestisce, tramite un sistema di attivazione dei trasporti, il trasporto dei tamponi da parte di SVS servizi. Il laboratorio di genetica assicura l’accettazione dei campioni anche in orario notturno. Il coordinamento traccia l’accettazione del campione da parte del laboratorio. Conclusioni. Andare incontro alle esigenze dei donatori è un’esigenza per mantenere alti livelli di adesione, istituzioni e volontariato devono collaborare per garantire livelli di sicurezza ottimali.

Trapianti di rene da DCD-controllata: una efficace risorsa per ridurre le liste di attesa

Ticozzelli E1, Gregorini M2, Bottazzi A3, Pellegrini C4, Rampino T2, Dominioni T1, Zanierato M3, Malabarba S1, Vergano M5, Figini MA6, Casazza A7, Olati MC3, Degani A1, Abelli M1

1. UOSD Trapianto di rene, 2. UC Nefrologia, Dialisi e Trapianto, 3. Centro Coordinamento Donazioni e Trapianti (CCDT), 4. UC Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; 5. Ospedale Giovanni Bosco, Torino; 6. Ospedale San Paolo, Milano; 7. Ospedale Civile, Vigevano

Introduzione. Il primo trapianto di rene da donatore a cuore fermo-controllato in Italia è stato eseguito con successo nel 2015 per merito di una collaborazione tra l’Ospedale Giovanni Bosco di Torino e il Policlinico San Matteo di Pavia. Da allora questo Programma è stato gradualmente attivato in diverse realtà ospedaliere italiane. Scopo. Dimostrare la validità degli organi provenienti da c-DCD valutando l’outcome del trapianto a breve termine attraverso la revisione della casistica di questo Centro. Materiali e metodi. È stato eseguito uno studio retrospettivo comprendente i trapianti di rene con organi da c-DCD provenienti da differenti sedi nel periodo agosto 2015-ottobre 2019. Dei 17 casi arruolati sono stati considerati: età del donatore, età del ricevente, tempo di ischemia calda totale, istologia, parametri di perfusione, DGF e numero di dialisi, valori di creatininemia all’ingresso, alla dimissione e a tre mesi. Risultati. Nessuno dei 17 trapianti di rene ha sviluppato PNF; in 9 casi (53%) la ripresa funzionale del graft è stata ritardata, determinando la necessità di sottoporre il ricevente ad almeno 1 seduta di emodalisi (min 1-max. 8). In 8 casi (47%) la ripresa è stata immediata. I valori medi di creatininemia all’ingresso erano 7,96mg/dl (min. 5,39 – max.13,71), quelli dopo 10 gg dall’intervento 4,08mg/dl (min.0,90-max.9,34) e infine a tre mesi 1,45mg/dl (min.0,69-max.2,5). Conclusioni. I nostri risultati, seppur limitati, dimostrano che i reni da c-DCD rappresentano una valida e sicura opzione per aumentare il numero dei trapianti; nella nostra esperienza, in circa la metà dei casi, si è ottenuta la ripresa immediata del graft.

La patologia psichica nel paziente trapiantato ed in lista, esperienza della AUSL Toscana Centro

Toccafondi A1, Bagnulo I1, Tanini M2, Pacini A2, Lapini S1

1. SOSD Psicologia Clinica USL Toscana Centro; 2. SOS Coordinamento Donazione Organi e Trapianti, AUSL Toscana Centro

Introduzione. L’ insufficienza terminale di organo, l’esperienza della lista di attesa ed i necessari cambiamenti di stile di vita post trapianto sono eventi stressogeni che necessitano di risorse endogene. La psicoterapia rappresenta un valido supporto per elaborare strategie di coping. Scopo. Indagare la tipologia di pazienti connessi al trattamento trapianto e le patologie psichiche riscontrate. Materiali e metodi. Sono stati indagati i pazienti che hanno avuto accesso al supporto psicoterapeutico offerto in collaborazione con la SOS coordinamento Donazione Organi e Trapianti della USL Toscana Centro nel periodo compreso tra il 1/9/18 e 31/8/19. Sono state valutate le patologie psicologiche e la situazione di paziente in lista o trapiantato. Sono stati inclusi nello studio complessivamente 58 pazienti con età media 50 anni tra cui: 25 pazienti in lista, mentre i trapiantati sono 1 cuore, 20 rene, 12 fegato. La maggioranza dei pazienti è donna (56,2%). Conclusioni. Le patologie psichiche riscontrate sono state: disturbi ansiosi 31,1%, depressivi 28,8%, dell’adattamento 20,6%, problematiche relazionali/familiari 13,8%, altro 8,7%. La psicoterapia mostra buoni risultati.

Strategie per incentivare la pratica di attività fisica nel paziente trapiantato di rene

Vanacore G1, Totti V1,2, Mazzantini M1, Bellis L3, Sella G4, Mosconi G5, Cardillo M3, Nanni Costa A3

1. Associazione Nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto, Milano; 2 Centro Riferimento Trapianti Emilia-Romagna, Bologna; 3. Centro Nazionale Trapianti, Roma; 4. UO Medicina dello Sport, Ravenna; 5. UO Nefrologia e Dialisi, Ospedale Morgagni-Pierantoni, Forlì

Introduzione. La pratica di attività fisica è dimostrata essere una terapia non farmacologica efficace per contrastare l’insorgenza di patologie cardiovascolari, prima causa di morte nel pre- e post-trapianto. Nonostante ciò risulta difficile modificare lo stile di vita dei pazienti senza un counseling dedicato. Scopo. Lo scopo di questo studio è quello di registrare l’attività fisica e lo sport svolti dai pazienti e indagare la presenza in ambito ambulatoriale di un counseling dedicato ai benefici dell’attività fisica nei pazienti con malattia renale e nel trapiantato. Materiali e metodi. Un questionario, dedicato a pazienti con insufficienza renale cronica, in dialisi e trapiantati, verrà somministrato con il supporto del personale infermieristico e medico di riferimento presso tutte le Unità Operative dedicate al monitoraggio clinico. Il questionario registrerà dati clinici del paziente, i valori di funzionalità renale, il periodo intercorso dall’inizio della dialisi, oltre alla presenza di possibili patologie croniche non trasmissibili concomitanti (e.g. ipertensione, cardiopatia, diabete). Verrà registrata la quantità e la frequenza della pratica di esercizio fisico/sport (se praticato) e le modalità di counseling ricevute dagli operatori sanitari rispetto alla possibilità di praticare attività fisica o sport in autonomia e con una prescrizione dell’esercizio da parte di Medici Specialisti in Medicina dello Sport. Conclusioni. Il questionario sarà un utile strumento per comprendere dettagliatamente la propensione alla pratica dell’attività fisica e individuare le figure professionali più idonee a svolgere l’attività di counseling al fine di incentivare l’attivazione di un percorso strutturato di prescrizione dell’esercizio fisico nel paziente nefropatico e nel trapiantato.

Analisi degli outcome trapiantologici della banca del sangue cordonale di Treviso anni 2007-2018

Veronesi A1, Durante E1, Frigato A1, Lorenzon D1, Scarpelli D1, De Angeli S2

1. Banca Cellule Staminali Ematopoietiche Unità Operativa Complessa di Medicina Trasfusionale, Ospedale di Treviso, AULSS2 Marca Trevigiana; 2. Consulente Esterno TVCBB.

La revisione e l’analisi degli outcome trapiantologici sono importanti strumenti per valutare l’efficacia e la sicurezza del prodotto e per l’implementazione di piani di miglioramento o, se necessario, di azioni correttive. A questo scopo sono stati oggetto di revisione e valutazione i parametri richiesti dai requisiti E7 degli Standard NetCord-FACT. L’analisi è stata eseguita comparando: 1. i dati al bancaggio relativi alla cellularità, qualità e sicurezza di ciascuna unità rilasciata con quelli determinati al momento dell’infusione provenienti dai Centri Trapianto e con i dati di follow-up dei Report semestrali di Eurocord; 2. gli outcome clinici dei trapianti eseguiti con le nostre unità, opportunamente aggregati, con quelli corrispondenti delle Banche Italiane. Inoltre, è stata condotta un’analisi dei trend per correlare i parametri biologici delle unità rilasciate ai parametri clinici di outcome. Da queste analisi emerge che: 1. La percentuale di sopravvivenza nei pazienti trapiantati con le nostre unità è del 52,94% con un ∆ di +3,14 punti percentuali maggiore rispetto alla sopravvivenza media registrata dalle altre Banche dell’ITCBN che è pari al 49,8%. L’overall survival mediana di 13,5 mesi (range 0,3 – 112,9). 2. La principale causa di morte è rappresentata dalle infezioni con 3 casi su 8 decessi. Comunque, i test di sterilità eseguiti dai Centri Trapianto sul prodotto scongelato erano negativi. Ulteriori due decessi sono stati causati da GvHD con una overall survival rispettivamente di 2,7 e 112,9 mesi ed uno per VOD. 3. L’analisi dei trends ed in particolare quella di correlazione tra dose di NC/kg di peso corporeo inoculata e tempo di attecchimento dei neutrofili non è risultata predittiva per i troppi missing-data presenti nei Report Eurocord. 4. I dati raccoglibili con la modulistica IBMDR attualmente in uso, non sembrano sufficienti a coprire le richieste del “debito informativo” che le Banche Italiane hanno nei confronti di Eurocord e per conformarsi agli Standard NetCord-FACT. Appare, pertanto, evidente la necessità di un piano di miglioramento volto a ridurre i “missing data” mediante un migliore interfacciamento con i Centri Trapianto.